Lo rivela uno studio dell'Università di Exeter e Oxford: l'aumento della temperatura globale sta facendo migrare i parassiti delle colture alimentari, in grado di distruggere interi raccolti
(Rinnovabili.it) – Avanzano inesorabili al ritmo di 3 chilometri l’anno. Sono i parassiti delle colture che, complice il cambiamento climatico, si stanno diffondendo anche in zone prima troppo fredde per favorirne la riproduzione. La preoccupante rivelazione è stata rilasciata da uno studio britannico condotto dalle Università di Exeter e Oxford, pubblicato dalla rivista Nature Climate Change.
Una perdita di coltivazioni che, per estensione e produzione, sono in grado di sfamare circa il 9% della popolazione mondiale, un danno ingente quindi, che spaventa i coltivatori e aumenta il rischio di fame nel mondo.
Negli ultimi 50 anni l’aumento della temperatura globale avrebbe quindi favorito la diffusione per numero e specie di parassiti che attaccano e distruggono le coltivazioni distruggendone una percentuale che si aggira tra il 10 e il 16% sia verso Sud che verso Nord.
Dr Dan Bebber, l’autore principale dello studio presso l’Università di Exeter, ha dichiarato: “La sicurezza alimentare globale è una delle principali sfide che andremo ad affrontare nel corso dei prossimi decenni. Non vogliamo perdere nessuna delle nostre colture se non quanto necessario alla sopravvivenza di parassiti e agenti patogeni.”
Per studiare il problema i ricercatori hanno esaminato le condizioni di 612 parassiti e agenti patogeni provenienti da tutto il mondo campionati nel corso degli ultimi 50 anni. Tra questi alcuni funghi, come la ruggine del grano, che ha avuto effetti devastanti sui raccolti in Africa, nel Medio Oriente e in Asia; insetti come il coleottero del pino di montagna che sta distruggendo gli alberi negli Stati Uniti, così come batteri, virus e vermi nematodi.
Le attività umane e il trasporto merci hanno causato la diffusione dei parassiti, ma il cambiamento climatico e la variazione di temperatura hanno contribuito alla loro diffusione, diffusione che va fermata se si vogliono salvare le colture alimentari del mondo.