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Anche la Palestina si impegna sui cambiamenti climatici

I territori di Gaza e Cisgiordania entreranno a marzo nell’UNFCCC. Entro giugno presenteranno un piano sui cambiamenti climatici

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(Rinnovabili.it) – Anche la Palestina si impegnerà a presentare un piano di impegni per contrastare i cambiamenti climatici. Lo annuncia il capo delegazione alla rivista Climate Home. I territori di Gaza e Cisgiordania entreranno a pieno titolo nell’organismo dell’ONU in seno al quale si svolgono le trattative sul clima (UNFCCC), dopo essere rimasto confinato per anni nel ruolo di osservatore.

Il salto di qualità farà sì che anche la Palestina contribuisca con un programma di mitigazione del riscaldamento globale, allineandosi a quel che quasi 190 Paesi (sui 196 membri della Convenzione) hanno già promesso e sancito con l’accordo sul clima siglato a Parigi lo scorso 12 dicembre. «Abbiamo una visione chiara», ha detto il rappresentante climatico palestinese, Nedal Katbeh-Bader. Anche se il conflitto in corso con Israele «è il problema più urgente», Katbeh-Bader ha detto che il global warming è un tema all’ordine del giorno per la Palestina e si intreccia con le tensioni politiche. Ne è un esempio la frizione sulle scarse risorse idriche, problema che rischia di intensificarsi con l’alterazione delle precipitazioni innescata dall’aumento delle temperature globali

 

Nedal Katbeh-Bader
Nedal Katbeh-Bader

La società di consulenza britannica Ricardo, che ha aiutato molti Paesi in via di sviluppo a stilare i propri impegni sui cambiamenti climatici, sta ora assistendo tecnicamente i territori palestinesi.

Il riconoscimento internazionale renderà la zona idonea alla ricezione di contributi in termini di formazione, tecnologia e sostegno finanziario per organizzare una transizione energetica e adattarsi alle mutevoli condizioni climatiche.

Le preoccupazioni della Palestina sono abbastanza gravi: i territori di Gaza e Cisgiordania hanno infatti chiesto all’IPCC (il panel di scienziati ONU che produce scenari in tema di cambiamenti climatici) una ricerca ad hoc che prenda in esame i possibili impatti sulla sicurezza.

Non è l’unico membro dell’UNFCCC ad avanzare richieste per studi di impatto: alla riunione di ottobre, il gruppo di esperti ne ha contate ben 27. Entro aprile deciderà quali evadere, tenuto conto del fatto che il bilancio dell’organizzazione ne può sostenere soltanto due o tre.