Vanuatu, Tonga, Filippine, Guatemala, Bangladesh, Isole Salomone e Costa Rica sono gli stati più esposti agli effetti catastrofici del cambiamento climatico
Il cambiamento climatico colpirà più duramente chi non lo ha causato
(Rinnovabili.it) – Come in una bilancia con pesi diseguali su ciascun piatto, crescono le differenze tra nazioni vulnerabili e più sicure di fronte agli effetti del cambiamento climatico. Una forbice che si allarga anno dopo anno, mostra il nuovo World Risk Report stilato da una serie di agenzie tedesche riunite nel Bündnis Entwicklung Hilft. Presentato a margine dei negoziati della COP 23 di Bonn, iniziata lunedì e che si concluderà il 17 novembre, il rapporto mostra che la migliore preparazione di alcuni stati ha permesso loro di allontanare i peggiori rischi del climate change. Cicloni, terremoti, inondazioni, forti piogge, tempeste e ondate di caldo, invece, colpiranno più duramente quei paesi poveri o geograficamente sfortunati, come le piccole isole del Pacifico.
Su scala globale, tuttavia, «la vulnerabilità agli eventi estremi è diminuita – ha dichiarato Peter Mucke, direttore del World Risk Report e capo del Bündnis Entwicklung Hilft. Molti paesi hanno appreso dai disastri precedenti e stanno migliorando la loro preparazione alle catastrofi».
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La relazione ha preso in esame i rischi di disastro legati ad un evento naturale estremo in 171 nazioni nel periodo 2012-16. In base a questa stima, emerge che Vanuatu, Tonga, Filippine, Guatemala, Bangladesh, Isole Salomone e Costa Rica sono gli stati più esposti agli effetti catastrofici del cambiamento climatico.
Le Isole Fiji, che presiedono la COP, sono classificate al 15 esimo posto. Come macroarea, l’Europa è risultata la regione meno vulnerabile.
Esistono molti modi per rendere le società meno esposte agli effetti catastrofici dei cambiamenti climatici, spiega il dosser: dai rifugi anti ciclone alle barriere alluvionali sui fiumi. Barriere che nel sud-est asiatico e in Africa centrale sono costituite dalle mangrovie. Un sistema naturale che sta però rapidamente degradandosi a causa della deforestazione.