Migliaia di persone si oppongono a due mega centrali a carbone che implicano sfratti e deforestazione. La polizia spara sui manifestanti
(Rinnovabili.it) – Una tra le panzane più colossali che vi racconteranno i difensori del carbone è questa: le comunità più povere e marginali del mondo hanno bisogno di questa fonte energetica capace di allacciare alla rete quelle aree rurali che oggi vivono in gravi condizioni igienico-sanitarie.
Questa retorica del buon samaritano, tuttavia, crolla miseramente dinanzi alle proteste contro gli impianti che in questi giorni scuotono uno degli Stati più derelitti del pianeta. In Bangladesh migliaia di persone sono scese in piazza anche ieri, violando il divieto di manifestare imposto dal governo. Sono uomini e donne pieni di rabbia ed orrore dopo che la polizia ha ucciso a colpi di arma da fuoco almeno 4 persone lunedì scorso, durante le proteste. I cittadini nella provincia di Bankshali, dove vivono 320 mila persone, si oppongono alla costruzione di due centrali a carbone cinesi. In migliaia si sono radunati nella città costiera di Gandamara per esprimere il dissenso verso questi grandi progetti, per fare spazio ai quali si prevede un aumento della deforestazione, la distruzione di templi e scuole e lo sfratto di molte migliaia di famiglie dalle zone agricole costiere.
Circa 100 persone, tra cui 11 poliziotti, si ritiene siano rimaste ferite durante i violenti scontri di questi giorni.
Il governo non ha prestato attenzione alle proteste degli abitanti del villaggio e l’amministrazione del distretto di Chittagong, che contiene la provincia di Bankshali, è rimasta in silenzio per mesi. Così i cittadini hanno deciso per la protesta di massa, che ha portato alla tragedia più grave nella storia degli omicidi legati al carbone.
I due impianti dovrebbero costare 2,4 miliardi di dollari, per una capacità di 1.224 MW. La retorica dei proponenti è scontata: il carbone serve a garantire la crescita industriale di un distretto che soffre di regolari blackout. Dato che il Bangladesh può contare su riserve limitate, la materia prima verrebbe in gran parte importata dall’Indonesia, Paese che a sua volta è lacerato dalle proteste pubbliche per la devastazione di terreni agricoli e foreste.
Secondo il Ministero dell’Energia, solo il 60% della popolazione in Bangladesh ha accesso all’elettricità, e la domanda cresce del 7% l’anno. Due terzi dell’energia elettrica prodotta vengono dal gas. Il Paese importa anche 3,5 milioni di tonnellate di petrolio e 2 milioni di tonnellate di gasolio l’anno.