Le Nazioni Unite si schierano pubblicamente con la campagna sul disinvestimento da carbone, gas e petrolio, e le lobby del fossile vanno su tutte le furie
(Rinnovabili.it) – Anche le Nazioni Unite scendono in campo con la società civile. L’ONU ha deciso di supportare la campagna internazionale sul divestment, che promuove il ritiro degli investimenti in petrolio, gas e carbone.
In quanto soggetto incaricato di coordinare i negoziati per un accordo sul clima alla COP21 si Parigi, l’organizzazione ha dichiarato di voler prestare la sua “autorità morale” per la campagna, perché nutre l’ambizione di uscire da Parigi con un forte accordo per affrontare il riscaldamento globale.
«Sosteniamo la dismissione perché invia un segnale alle aziende, in particolare le compagnie produttrici di carbone – ha detto Nick Nuttal, portavoce dell’UNFCCC, la Convenzione quadro dell’ONU sui cambiamenti climatici – Il tempo del ‘brucia ciò che vuoi, quando vuoi’, è finito».
La mossa rischia di scatenare un vespaio, dato che le economie di molte nazioni al tavolo dei negoziati fanno ancora pesante affidamento su carbone, petrolio e gas. Non dimentichiamo che nel 2013, quando la Polonia “carbone-dipendente” ha ospitato il vertice UNFCCC, in parallelo aveva calendarizzato il summit globale dell’industria del carbone. Oggi, quel settore critica la decisione dell’ONU, sostenendo che il suo schierarsi per il divestment minaccia gli investimenti nel carbone pulito, ultima spiaggia delle compagnie fossili per mantenere un andamento business as usual.
Tra le 180 organizzazioni che hanno già aderito spiccano molti gruppi religiosi, autorità cittadine e università.
«L’ abbandono degli investimenti da parte delle chiese è un loro imperativo morale – ha detto Nuttall – Se il loro obiettivo è alleviare le sofferenze di milioni di persone, allora il divestment è in linea con la loro idea di mondo».
Un tweet dell’UNFCCC è stato anche più esplicito: «Il divestment ha funzionato per liberare il Sudafrica dall’apartheid. Ora può liberarci dai combustibili fossili». Il tweet riportava l’immagine dell’arcivescovo Desmond Tutu, che nel 2014 dichiarava: «Le persone di coscienza hanno bisogno di rompere i legami con le società che finanziano l’ingiustizia del cambiamento climatico».
Benjamin Sporton, chief executive della World Coal Association, ha respinto il collegamento fra l’abbandono degli investimenti in combustibili fossili e il boicottaggio del tabacco durante l’apartheid.
«La campagna di disinvestimento dal carbone non è paragonabile a qualsiasi altra campagna di disinvestimento – ha detto – Gli investitori responsabili svolgono un ruolo fondamentale nel favorire gli investimenti nelle tecnologie del carbone pulito».