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Russia, chiuse due ong per i diritti umani e l’ambiente

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Автор: Muxamerсобственная работа, CC BY-SA 3.0, Ссылка

I tribunali russi hanno dichiarato lo scioglimento delle ong For Human Right e Center for Support of Indigenous Peoples of the North-Russian

 

(Rinnovabili.it) – Applicando la cosiddetta legge degli “agenti esterni”, in questi giorni i tribunali russi hanno sciolto ben due ong (organizzazioni non governate): una sentenza della Corte Suprema russa ha richiesto lo scioglimento di For Human Rights e un tribunale di Mosca si è espresso sul Center for Support of Indigenous Peoples of the North-Russian Indigenous Training Center, una ong dell’Artico che difende i diritti dei popoli indigeni del Grande Nord russo, della Siberia e dell’Estremo Oriente.

 

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La legge sugli “agenti esterni” (approvata dalla Duma nel 2012) riguarda tutte quelle associazioni che ricevono finanziamenti (qualunque sia la loro entità) e assistenza dall’estero. Secondo la norma, le ong che hanno un qualche collegamento con paesi stranieri sono tenute a richiedere l’iscrizione ad una specie di albo degli “agenti stranieri”. In caso contrario, le organizzazioni dovranno pagare delle multe o, addirittura, potranno rischiare la chiusura.

 

Per entrambe le ong, le accuse partono direttamente dal Ministero della Giustizia russo. For Human Rights, guidata nel paese da Lev Ponomaryov, è stata sciolta per aver infranto le normative vigenti in diverse occasioni e aver rifiutato di iscriversi alla lista degli agenti esterni. L’ong era già stata considerata “agente esterno” a febbraio di quest’anno. Nel caso del Center for Support of Indigenous Peoples, i legali dell’organizzazione hanno parlato di una sentenza legata a minuzie formali, puntando piuttosto il dito verso Putin e dichiarando che la legge del 2012 ha il solo scopo di reprimere le voci degli oppositori e dei critici alle politiche del Cremlino.

 

Il caso della ong Center for Support of Indigenous Peoples, infatti, è piuttosto controverso. Se, da una parte, For Human Rigths si era rifiutata di effettuare l’iscrizione all’elenco degli “agenti esterni”, la CSIP era stata inserita nella lista dallo stesso Ministero della Giustizia fin dal 2015 e, in un secondo momento, aveva rinunciato a tutte le fonti di finanziamento straniere, adeguandosi (a detta dei suoi legali) alle richieste del governo al fine di conformarsi alla legge. In realtà, il timore degli attivisti è che la chiusura della ong sia legata al business delle compagnie petrolifere nell’Artico, i cui investimenti significano molto per il bilancio della Russia e in cui le minoranze indigene possono essere viste come un ostacolo ad un certo tipo di sviluppo industriale.

 

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Proprio il prossimo anno, il CSIP avrebbe dovuto festeggiare il suo 20esimo anno di vita, con alle spalle un’esperienza di più di 20 programmi pilota per la formazione e l’educazione delle comunità locali, centinaia di seminari, stage e conferenze e un accreditamento speciale con agenzie Onu come Unesco, e Fao.

 

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