Secondo gli esperti dell'Organizzazione Mondiale della Sanità la presenza di frammenti plastici nelle acque pone scarsi rischi per gli esseri umani, tuttavia sono necessari nuovi ed esaustivi studi
Tre le tipologie di rischio connesse all’ingestione di microplastiche: fisica, chimica e biologica
(Rinnovabili.it) – La presenza di microplastiche nell’acqua potabile non rappresenta un elevato rischio per la salute dell’uomo: è una delle conclusioni cui giunge il primo report in materia stilato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che, tuttavia, ritiene ancora insoddisfacente la quantità e la qualità degli studi attualmente disponibili riguardo l’interazione dei frammenti di plastica con le risorse idriche e la salute umana e invita la comunità scientifica a produrre nuove ricerche con standard condivisi.
La diffusione delle microplastiche è fenomeno noto registrato in numerosi studi: lo stesso OMS riconosce l’estrema pervasività dei frammenti plastici e la frequenza con cui vengono rinvenuti, in diverse dimensioni, anche in corsi e bacini d’acqua naturale, falde, acque di scarto (sia trattate che non) e soprattutto nelle acque potabili (di rete o in bottiglia).
Un recente studio del WWF aveva lanciato l’allarme sulla quantità di frammenti di plastica ingeriti da un consumatore medio arrivando a stimare fino a 5 grammi ogni settimana, l’equivalente di una carta di credito.
Dopo la revisione degli studi attualmente disponibili in materia, tuttavia, gli esperti dell’OMS sono giunti alla conclusione che i livelli di esposizione alle microplastiche agli eventuali agenti chimici rilasciati dalle stesse rappresentano un basso rischio per la salute umana.
I fattori di rischio per l’organismo umano sono di tre diverse tipologie: fisica (collegata alla dimensione dei frammenti di plastica presenti nelle acque potabili), chimica (l’eventuale rilascio di monomeri, additivi e agenti chimici nell’ambiente a causa del deterioramento dei frammenti plastici) e biologica (l’eventuale colonizzazione delle microplastiche da parte di microrganismi pericolosi per la salute). Le ricerche attualmente disponibili indicano tuttavia bassi livelli di pericolo per la salute umana rispetto a ciascuna delle possibili tipologie di rischio.
Il report dell’OMS invita comunque amministrazioni, produttori e consumatori a un maggiore controllo sulla qualità delle acque: migliorare il trattamento delle acque di scarico (la cui filtrazione permette al momento di rimuovere il 90% delle microplastiche), limitare la produzione di plastiche contenenti sostanze chimiche pericolose in caso di deterioramento nell’ambiente, ridurre consumi e soprattutto gli scarti, oltre a incentivare la filiera del riciclo, sono alcune delle misure proposte per fronteggiare l’enorme diffusione di microplastiche.
Allo stesso tempo, l’OMS chiama la comunità scientifica a produrre nuove ricerche mirate a comprendere meglio le fonti e la presenza di microplastiche nell’acqua dolce e nell’acqua potabile, l’efficacia dei diversi processi di trattamento e il possibile impatto del ritorno delle microplastiche nell’ambiente dai flussi di rifiuti di trattamento, compresa l’applicazione di biosolidi di fanghi ai terreni agricoli.