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Olio di palma tra vizi e virtù

Il panorama internazionale sta analizzando la coltivazione della palma destinata alla produzione di olio suggerendo di eliminare le pratiche insostenibili che stanno danneggiando le foreste e inquinando il pianeta

Un organismo britannico composto da 15 imprese punta alla commercializzazione esclusiva di olio di palma sostenibile entro il 2015. E’ l’impegno presentato in questi giorni dal governo Uk e da un gruppo di aziende leader nel settore  per eliminare graduale, ma definitivamente, la produzione illegale di olio e dare una mano così alla lotta contro la deforestazione e al cambiamento climatico.

In tal senso, il ministro britannico dell’Ambiente ha presentato una serie di impegni siglati, oltre che dalle 15 imprese, anche dal governo, dalla Food and Drink Federation, dal British Retail Consortium e dalla Commissione delle Industrie Agricole. Tra i firmatari anche produttori di mangimi di origine animale e imprese del settore alberghiero, il comparto delle energie rinnovabili, dei prodotti per la pulizia, della chimica e il WWF.

 

L’olio di palma e l’olio che deriva dalla spremitura del nocciolo della pianta sono prodotti ampiamente utilizzati per ottenere alimenti e cosmetici oltre che per la produzione industriale. Tuttavia la produzione di quegli oli è legata a numerose accuse di danneggiamento del patrimonio forestale in Asia anche attraverso la diffusione di monocolture che danneggiano la biodiversità. Secondo i dati Eurostat, il Regno Unito ha importato 397.000 tonnellate di olio di palma e 53.000 tonnellate di olio di nocciolo di palma nel 2011 mentre il Defra ha stimato che solo il 24 per cento di questo prodotto è stato ricavato da piantagioni certificate sostenibili.

 

“La gente vuole sapere che i prodotti che utilizza non contribuiscono alla deforestazione e al cambiamento climatico e molte imprese del Regno Unito stanno già iniziando a fare modifiche”, ha detto Benyon aggiungendo “I produttori, le industrie e le associazioni di beneficenza continueranno a lavorare insieme per accelerare il passaggio al 100 per cento di olio di palma sostenibile in prodotti di uso quotidiano.”

 

L’accordo firmato impegna quindi il governo all’acquisto esclusivo di olio di palma sostenibile sia per il settore alimentare sia per la ristorazione entro il 2015. Il Defra, il Dipartimento britannico per le politiche alimentari e gli Affari rurali britannico, si è impegnato dal canto suo ad incoraggiare il settore pubblico ad aderire all’iniziativa, definita però troppo blanda dal British Retail Consortium (BRC) e dal WWF che hanno confermato di essere a conoscenza di impegni privati molto più ambiziosi rispetto a quelli consigliati dal governo. Note catene di supermercati hanno deciso infatti da tempo e in autonomia di acquistare e vendere esclusivamente prodotti ottenuti e contenenti da olio di palma certificato, i cui produttori sono stati  riuniti in una classifica stilata da Greenpeace che ne evidenzia anche le iniziative intraprese.

 

“L’urgenza del problema ha bisogno di una risposta altrettanto urgente”, ha detto Adam Harrison del WWF International. “Mentre accogliamo con favore la dichiarazione nazionale, non comunichiamo con sufficiente chiarezza la necessità di agire subito. L’intera industria dell’olio di palma del Regno Unito dagli operatori e dai trasformatori fino ai produttori deve rendere note le migliori azioni intraprese dalle imprese individuali che si sono già impegnate ad utilizzare il 100 per cento olio certificato, imprese che sono, in molti casi, sulla buona strada per il raggiungimento di tale impegno prima del tempo.”

 

Ma è l’intero panorama internazionale ad interessarsi alla questione. E per dare ulteriore importanza al commercio e alla produzione sostenibile di olio di palma Greenpeace ha deciso di stilare una classifica dei produttori di olio di palma e dei relativi impegni presi in favore della natura e delle coltivazioni di palma per la produzione di olio. Qualora la produzione di olio continuasse con questi ritmi e secondo queste regole i danni all’ambiente e agli ecosistemi potrebbero trasformarsi presto in conseguenze irreparabili, soprattutto in Indonesia, dove la coltivazione delle palme da olio toglie spesso spazio alle coltivazioni alimentari e distrugge intere foreste. In questo caso le comunità locali verrebbero private gradualmente dei mezzi primari di sostentamento, come ad esempio gli appezzamenti di terreno utilizzati per il sostentamento delle famiglie e subirebbero le conseguenze di un aumento sostanziale del rilascio di gas ad effetto serra.

Per queste ragioni Greenpeace ha chiesto ai produttori e ai consumatori di collaborare al progetto per evitare la distruzione delle foreste anche attraverso il rafforzamento degli impegni di produzione, impegni che non dovranno essere limitati nel tempo.