(Rinnovabili.it) – Le più grandi aziende del mondo usano olio di palma senza sapere se questo venga coltivato su terreni ricoperti in precedenza dalla foresta pluviale. In nome del profitto, tralasciano le precauzioni minime per evitare la deforestazione massiva che ha sradicato ogni angolo di natura in Indonesia. L’ultimo rapporto di Greenpeace è una tirata d’orecchie per 14 grandi multinazionali sedute alla Tavola rotonda sull’olio di palma sostenibile (RSPO), già rivelatasi un meccanismo di greenwashing utile a celare gli interessi commerciali più biechi. L’elenco comprende
– Colgate-Palmolive
– Danone
– Ferrero
– General Mills
– Ikea
– Johnson & Johnson
– Kellogg
– Mars
– Mondelez
– Nestlè
– Orkla
– PepsiCo
– Procter & Gamble
– Unilever
Secondo l’analisi di Greenpeace, nessuna di queste aziende è in grado di tracciare al 100% la provenienza dell’olio di palma che utilizza per i suoi prodotti. L’italiana Ferrero è l’unica che riesce, quasi del tutto, a certificare gli standard di sostenibilità dei fornitori. Ma la maggior parte delle ditte non sa nemmeno cosa sta comprando.
«L’olio di palma si trova in tantissimi prodotti, ecco perché i marchi hanno la responsabilità di agire nei confronti dei loro clienti – ha detto Annissa Rahmawati di Greenpeace – Ma la nostra indagine mostra che non stanno facendo abbastanza per fermare il saccheggio delle foreste pluviali indonesiane».
Il rapporto ha valutato le aziende con tre parametri: approvvigionamento responsabile, trasparenza e riforma del settore. Così, ha scoperto che molte non hanno politiche credibili per la deforestazione zero.
L’Indonesia è il più grande produttore mondiale di olio di palma, olio vegetale utilizzato in una vasta gamma di prodotti di largo consumo. L’industria di questo prodotto è una delle principali cause della deforestazione nel Paese, che ha perso 31 milioni di ettari di foresta dal 1990 ad oggi. Si tratta di una superficie pari alle dimensioni della Germania.
Secondo Greenpeace, PepsiCo, Johnson & Johnson e Colgate-Palmolive sono i marchi più ignari sulla provenienza del loro olio di palma. Le altre aziende sono in cammino verso qualche progresso, mentre Nestlé e Ferrero sarebbero quasi in linea con gli standard minimi.