La scienza chiede regole per gli oceani basate sulla precauzione
(Rinnovabili.it) – Nelle acque di oltre la metà degli oceani (il 60%) sono ben visibili le sofferenze causate dal cambiamento climatico. Secondo un nuovo studio dell’Università di Oxford, gli effetti del global warming si stanno diffondendo a macchia d’olio anche al di fuori delle terre emerse. Acidificazione dovuta all’aumento di anidride carbonica nell’acqua, scioglimento dei ghiacci ai poli, aumento delle temperature sono alcuni degli indicatori che gli oceani stanno raggiungendo uno stato ecologico critico. A questi fattori vanno aggiunti la pesca, l’inquinamento e l’estrazione di minerali dai fondali.
La ricerca è stata presentata ieri al’ONU, e analizza il ruolo fondamentale degli oceani nel funzionamento del pianeta e sottolinea la necessità di tutela giuridica delle acque internazionali al fine di garantire la conservazione e l’uso sostenibile. Un’operazione sempre più ardua, dal momento che in aree come il Golfo del Bengala, nell’Oceano Indiano, il livello di ossigeno è sceso considerevolmente per colpa dei fertilizzanti utilizzati in agricoltura e scaricati in mare dopo aver migrato nelle falde e poi nei corsi d’acqua. Queste sostanze, giunte nell’oceano, favoriscono lo sviluppo di cianobatteri, alghe di colore verde-azzurro che quando muoiono si depositano sul fondale, dove vengono degradate da batteri che consumano ossigeno nel processo creando le cosiddette zone morte. Qui la vita, senza poter respirare, smette di esistere.
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Gli oceani assorbono circa il 40% delle emissioni di gas serra, e rappresentano dunque un fondamentale serbatoio di carbonio. Compromettere questa loro funzione, sarebbe disastroso per la vita marina e per quella terrestre. Ancora oggi è difficile prevedere quale sarà l’impatto complessivo sugli ecosistemi marini, ma proprio per questo gli esperti di Oxford lanciano un appello a che si adotti il principio di precauzione. Specialmente, dicono gli scienziati, si deve valutare con grande attenzione l’opportunità del Deep Sea Mining, cioè dell’estrazione mineraria da fondali marini. Oggi, dopo decenni, la tecnica è ancora in fase sperimentale, ma presto alcuni gruppi intendono passare alle vie di fatto [lo abbiamo raccontato in questo articolo].