(Rinnovabili.it) – Il maxi oleodotto tra Canada e USA non s’ha da fare. Ieri Obama ha infatti esercitato il suo potere di veto sul progetto di legge che prevedeva l’avvio dei lavori per il Keystone XL, infrastruttura fortemente promossa dai repubblicani, che dovrebbe portare il petrolio estratto dalle sabbie bituminose dell’Alberta (Canada) al Golfo del Messico.
È la prima volta che il presidente rifiuta di firmare una legge nel suo secondo mandato, e solo il terzo veto della sua Presidenza.
«È uno strumento che ho sempre preso sul serio – ha detto Obama – Ma ho una responsabilità verso il popolo americano. E siccome questo atto del Congresso non prende in considerazione questioni che potrebbero pesare sul nostro interesse nazionale, tra cui la sicurezza e l’ambiente, è necessario il mio veto».
La decisione, annunciata in Senato da un delegato, e non direttamente dalla Casa Bianca, è stata subito acclamata dagli ambientalisti. I gruppi verdi hanno dichiarato che si trattava di una tappa importante nella lotta contro il cambiamento climatico.
Per la verità, il Keystone XL in parte è già operativo. La cosiddetta “gamba”, che arriva fino alla costa del golfo del Messico, è funzionante. Lo è anche una prima versione del tratto settentrionale, che parte dal Canada e attraversa numerosi Stati del midwest. Proprio questa tortuosità lo rende un oleodotto poco efficiente dal punto di vista logistico. La proposta approvata dal Senato prevedeva un tracciato nuovo, più veloce, che taglia in diagonale attraversando il South Dakota e il Nebraska. Il costo complessivo stimato per la costruzione di questa parte, lunga 1900 chilometri, è di circa 5,3 miliardi di dollari. La portata, 830 mila barili al giorno.
La contrarietà del presidente USA è un tentativo di ingraziarsi il fronte ambientalista, fermamente contrario alle sabbie bituminose per tutti gli effetti negativi che hanno sull’ecosistema e sulla salute. L’opposizione pubblica è vasta e trasversale, tanto da rallentare i progetti legati a questo combustibile e renderli sempre meno profittevoli per l’industria. Il Canada è in difficoltà, avendo legato il suo futuro all’espansione del settore. Possiede infatti la terza più grande riserva al mondo di sabbie bituminose, dopo l’Arabia Saudita e il Venezuela.