(Rinnovabili.it) – Non è passata nemmeno una settimana dallo storico accordo USA-Cina che Obama, forte del riscatto politico che questo gli è valso dopo la battuta d’arresto alle elezioni di midterm, torna a cavalcare l’onda della lotta al cambiamento climatico. Il presidente USA ha detto che farà, durante il G20 di domani e dopodomani a Brisbane, una proposta coraggiosa agli altri grandi del mondo. L’inquilino della Casa Bianca metterà sul piatto almeno 2.5 miliardi di dollari, ma forse anche 3, per i Paesi più poveri, con l’intenzione di aiutarli ad investire in energie rinnovabili, far fronte all’innalzamento del livello dei mari e agli eventi meteorologici estremi, come alluvioni, inondazioni, siccità.
Il Green Climate Fund era un punto critico dei negoziati alle Nazioni Unite per la cristallizzazione di un accordo globale sul clima, perché i Paesi in via di sviluppo sostenevano di non poter firmare alcun taglio delle emissioni senza quei fondi. Era rimasto una scatola vuota, anche se la sua creazione era stata seguita da grandi discorsi sulla sua implementazione con 100 miliardi di dollari l’anno fino al 2020. Forse adesso sta per cambiare qualcosa.
«Penso sia un buon segnale per sbloccare le negoziazioni di Parigi 2015», sostiene infatti Alex Doukas, analista di politiche climatiche internazionali del World Resources Institute. Ma c’è anche chi sostiene che i repubblicani non approveranno tanto facilmente una spesa simile. Obama cerca di prenderli in contropiede: dopo aver perso rovinosamente la tornata elettorale di medio termine, ha reagito con un uno-due fulminante per i suoi avversari politici. Prima l’accordo con Xi Jinping, poi l’annuncio di una contributo per il Green Climate Found. Considerato che in America, ben più che in Italia, il tema del cambiamento climatico è entrato nelle pagine dei giornali e nell’interesse della gente, le mosse del presidente USA mettono in una difficile posizione i pur vincenti repubblicani. La pressione di Obama finirà anche sugli altri governi che partecipano al G20. Forse non se la sentiranno di far fare bella figura soltanto agli Stati Uniti, e annunceranno finanziamenti anche loro.
Ovviamente non si potrà far conto sul Paese ospitante, l’Australia, il cui governo è legato a doppio filo con le lobby fossili, e il cui premier, Tony Abbott (contestato proprio ieri in spiaggia), ha già dichiarato che non sborserà un quattrino per il clima, perché non intenzionato a finanziare del «socialismo mascherato da ambientalismo».