(Rinnovabili.it) – E se le emissioni di CO2 si contassero in un altro modo? È la domanda che si pone una ricerca, che propone di valutare, come parametro centrale, il commercio internazionale. Questo nuovo metodo di calcolo potrebbe ridisegnare la mappa di responsabilità per il cambiamento climatico e cambiare gli equilibri di un accordo alla COP21 di Parigi 2015.
A buon esportator… poche emissioni di Co2
Come funzionerebbe il nuovo sistema? Proprio come quello convenzionale, prevede che i Paesi siano responsabili per le emissioni delle merci importate. Ma i dati sono poi aggiustati per riflettere la realtà che vede alcuni esportatori utilizzare una tecnologia più pulita rispetto ad altri.
L’Unione europea ad esempio sorpasserebbe nettamente gli Stati Uniti, poiché ha migliorato la sua efficienza. Tra le economie emergenti, il Brasile vincerebbe il confronto con la Cina.
«La cosa più importante è che si ottengono crediti per l’esportazione pulita e sanzioni per quella sporca», spiega Astrid Kander, professoressa alla Lund University.
Questo metodo di calcolare le emissioni potrebbe, secondo gli esperti, aiutare a superare le divisioni radicate nei negoziati sul clima tra Paesi ricchi e poveri. Infatti viene caldeggiato come sistema più equo rispetto ai due già esistenti.
Il primo, basato sulla produzione (in base al quale gli Stati sono responsabili delle emissioni generate entro i propri confini), penalizza i Paesi esportatori. La Cina si è lamentata perché non vuole caricarsi tutti gli oneri del ruolo di fabbrica del mondo. Una parte significativa delle sue emissioni, infatti, viene dispersa in atmosfera per produrre merci che finiscono in altre zone del pianeta.
In alternativa, si utilizza il “carbon footprint method”, basato sul consumo. Esso sposta la responsabilità sugli importatori per le emissioni “congenite” nei prodotti che acquistano dall’estero.
Con il loro studio, che fonda il calcolo sull’efficienza delle tecnologie, i ricercatori sono convinti di aver raggiunto la via di mezzo: «I risultati sono interessanti perché non praticano un taglio netto fra Nord e Sud del mondo. Speriamo di poter aiutare a risolvere alcuni stalli nelle trattative sul clima».
L’Europa sarebbe in ottima posizione dentro un simile paradigma, con Austria, Irlanda e Paesi Bassi tra gli esportatori più “green”. La Cina, al contrario sarebbe costretta a migliorare l’efficienza per abbattere i costi.