(Rinnovabili.it) – Recuperare e riciclare i sottoprodotti della vinificazione può portare sia benefici ambientali che economici. A dichiararlo un team multidispciplinare delle Università di Vigo e Santiago di Compostela.
La Spagna, ad esempio, che genera tra i 30 e i 50 milioni di ettolitri di vino all’anno, è uno dei principali produttori di tali rifiuti al mondo e si trova a dover gestire tonnellate e tonnellate di residui che, attraverso metodi biotecnoloigici possono essere in parte eliminati e in parte reimpiegati trasformando così il problema in un vantaggio.
Prima del 1990, il modo più economico per sbarazzarsi di rifiuti derivanti dalla produzione del vino è stato a pagare una tassa di circa 3.000 euro per il ritiro. Negli ultimi anni, a seguito dell’approvazione della Legge 10/1998 sui rifiuti, questo tasso è aumentato considerevolmente e, con sanzioni per prelievi non autorizzati, gli importi “a volte raggiungono 30.000 a 40.000 euro” si legge nella relazione.
Ma visto che la produzione del vino genera diversi tipi di rifiuti con un elevato contenuto di composti biodegradabili. Questi provengono da rifiuti vegetali derivanti da uve senza semi, dai sedimenti ottenuti durante il processo di ‘chiarificazione’, i rifiuti che derivano dalla pressatura e il residuo ottenuto nei vari processi di sedimentazione.
Negli ultimi anni i ricercatori del Dipartimento di Ingegneria Chimica presso l’Università di Vigo visto come la fermentazione della bagassa, dei tralci e dei residui in genere, a seconda del microrganismo impiegato, può sviluppare acido lattico oppure bioemulsionanti, biosurfattanti (tensioattivi utilizzati nella produzione di detersivi), xilitolo, etanolo e altri composti con la possibilità inoltre di estrarre acido tartarico da commercializzare.