Ambientalisti fanno causa a Oslo per le trivellazioni in Artico
(Rinnovabili.it) – La Norvegia, nota in tutto il mondo come portabandiera della mobilità sostenibile e delle energie rinnovabili, è anche il più grande produttore di petrolio dell’Europa occidentale. Per questo oggi i suoi rappresentanti dovranno rispondere in tribunale a Oslo alle accuse di Greenpeace e Natur og Ungdom (Natura e Gioventù), associazione ambientalista composta da giovanissimi. In causa ci sono le licenze assegnate dal governo nel 2016 per le prospezioni nel Mare di Barents: i querelanti sostengono che sdoganando le trivellazioni in Artico la Norvegia stia violando l’accordo sul clima approvato alla COP 21 di Parigi, ma anche una parte della Costituzione – modificata nel 2014 – che garantisce il diritto ad un ambiente sano.
Le associazioni affermano che si tratta della prima volta che uno Stato finisce in tribunale per aver violato gli accordi firmati alla conferenza delle Parti sul clima del dicembre 2015, entrati in vigore nel novembre dello scorso anno.
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Lo scenario per il petrolio norvegese non è incoraggiante: i ricavi petroliferi dello stato stanno diminuendo, la produzione di petrolio greggio si è ridotta del 50% dal 2001 ad oggi. Nel maggio del 2016, il paese però ha approvato 10 licenze per un totale di 40 blocchi a 13 compagnie petrolifere, tra cui il colosso nazionale Statoil, i gruppi americani Chevron e ConocoPhillips, la tedesca DEA, la giapponese Idemitsu, la svedese Lundin, l’austriaca OMV e la russa Lukoil.
Le due ONG chiedono ora che le concessioni siano cancellate per i rischi ambientali delle trivellazioni in Artico. Il governo si difende dichiarando con il portavoce del Ministro dell’Energia, Ole Berthelesen, che le licenze sono valide e la Norvegia non può essere attaccata su questa base. Tra quelle più contestate ve ne sono tre nelle immediate vicinanze di un confine marittimo con la Russia, finora rimasto inesplorato. Si tratta di zone della Norvegia più settentrionale mai aperte alla prospezione, e le organizzazioni sono preoccupate per vicinanza alle lastre di ghiaccio della calotta polare.