I parlamentari fanno leva sulla vaghezza del testo sull'uso degli OGM, ma la maggioranza non vuole scontentare la lobby degli allevatori
(Rinnovabili.it) – La legge sull’importazione di OGM nei prodotti e nei mangimi non ci piace. Così si è espressa la commissione Ambiente del Parlamento europeo, che oggi ha bocciato la proposta di nuovo regolamento teso a lasciare ai 28 Stati membri la possibilità di limitare o proibire «l’uso» di prodotti transgenici sul proprio territorio.
La relazione del presidente, Giovanni La Via (Ppe), è stata adottata con 47 voti a favore, 3 contrari e 5 astensioni. Una maggioranza “bulgara” e trasversale, che nasce tuttavia da motivazioni diverse. Nonostante la nuova normativa sia molto simile a quella approvata in merito alla coltivazione degli OGM, in questo caso ha sollevato numerose perplessità.
Infatti, proibire o limitare l’uso di questi prodotti o mangimi sul territorio nazionale potrebbe rivelarsi impossibile nella pratica, poiché rischierebbe di dare adito a decisioni che confliggono con la normativa della WTO. E andare contro l’Organizzazione mondiale del commercio può voler dire essere costretti a pagare compensazioni agli Stati esportatori di OGM. Senza contare che le regole del mercato unico europeo impongono la libera circolazione delle merci sul territorio dell’Unione, e le limitazioni rischiano di portare a cortocircuiti normativi. A questo si aggiunge l’assenza di una valutazione d’impatto e l’insufficiente chiarezza circa la definizione stessa di «uso» degli OGM (leggi anche: Bruxelles vuole indebolire i controlli sugli OGM importati).
Fino ad oggi, tuttavia, gli Stati membri non sono stati in grado di chiedere un divieto europeo della commercializzazione di prodotti biotech, con il risultato che in 67 casi la patata bollente è sempre tornata nelle mani della Commissione europea. Nel frattempo, l’80% della soia con cui vengono nutriti gli animali degli allevamenti è già geneticamente modificata. La paura del Ppe, partito del presidente della commissione Ambiente, così come quella del gruppo S&D, è la stessa degli allevatori europei, che vogliono continuare a nutrire i bovini con soia OGM proveniente dalle Americhe perché risparmiano sui costi. Dare agli Stati la possibilità di vietarla o di ripristinare i controlli alle frontiere è considerato un rischio per il libero mercato. Le ragioni dei verdi sono diverse da quelle di socialdemocratici e popolari, e si fondano sul timore che la facoltà di bloccare gli OGM a livello nazionale (opt-out) sia una pia illusione. Le misure di opt-out, infatti, dovrebbero basarsi su ragioni diverse da quelle già prese in esame dall’EFSA, l’agenzia europea per la sicurezza alimentare, restringendo pericolosamente il campo di azione dei governi (leggi anche: La legge sugli OGM è un pericoloso cavallo di Troia).
La bocciatura definitiva del nuovo regolamento è attesa per il 28 ottobre, data in cui la relazione La Via verrà portata in plenaria. Poi la parola passerà al Consiglio europeo per la ratifica. L’iter dovrebbe ricominciare daccapo, ma la Commissione europea ha già dichiarato di non avere intenzione di scrivere una nuova legge. Potrebbe dunque restare in vigore il sistema attuale, che in caso di assenza di una maggioranza qualificata nel Consiglio Ue provoca l’approvazione automatica dei prodotti biotech da parte della Commissione, basata sul parere favorevole dell’EFSA. È già successo nel caso dei 58 OGM attualmente autorizzati nell’Unione per il consumo umano e animale, che comprendono mais, cotone, soia, colza e barbabietola da zucchero. Altri 58 sono in attesa di autorizzazione, e presto potrebbero entrare nel mercato europeo per via prettamente tecnica, senza che la politica abbia dato indicazioni.