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Almeno per ora, niente miliardi pubblici per la TAP

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Salta la decisione sui prestiti miliardari alla TAP

 

(Rinnovabili.it) – Non poteva passare, non nel giorno del secondo anniversario dell’Accordo di Parigi. Forse è per questo che la Banca europea per gli investimenti (BEI) ha deciso ieri di rinviare il prestito multimiliardario alla TAP Trans-Adriatic Pipeline (Trans-Adriatic Pipeline), controversa infrastruttura che dovrebbe far parte del Southern Gas Corridor (SGC), una rete di condotte che ha lo scopo di organizzare il trasporto di metano dall’Azerbaigian all’Europa.

Il consiglio di amministrazione della BEI della banca ha insistito sulla necessità di prendersi più tempo per valutare il progetto, un’opera immensa dai costi esorbitanti, che i privati coinvolti stanno cercando di ammortizzare con i prestiti della banca europea. Per la BEI, sarebbe il più grande esborso della sua storia: circa 1,5 miliardi di euro.

Ma ieri sera il board ha preferito non esporsi, forse anche per la pressione pubblica sui suoi membri. Il dossier ora resterà congelato fino a febbraio del prossimo anno, allungando un impasse che già si è protratto per due anni.

 

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I gruppi ambientalisti hanno accolto con favore la decisione della banca, rivendicando il crescente scontento della società civile come fattore determinante nella scelta. Nei giorni scorsi oltre 4 mila persone hanno contattato membri di spicco della BEI per comunicargli la loro opposizione al progetto TAP.

Sia il gasdotto transadriatico che e l’intero corridoio sud hanno suscitato forti critiche da parte della società civile: stringere un tale rapporto di dipendenza con paesi come l’Azerbaigian e la Turchia, che violano abbastanza regolarmente i diritti umani, non è ritenuto accettabile. E la real politik deve inchinarsi, talvolta, alle richieste di un approccio più etico alla questione energetica. A questo movimento di opinione stanno a cuore anche gli impatti ambientali della TAP: gli agricoltori del sud Italia, in particolare gli olivicoltori pugliesi, stanno protestando da mesi contro l’invasività di un progetto che comporterebbe espropriazioni e cancellazione di intere piantagioni antiche. Infine, qualcuno mette in dubbio la necessità di una grande opera come questa, che costringerebbe l’UE a investire troppo pesantemente nel gas quando poi, in pochi anni, l’infrastruttura diventerebbe obsoleta rispetto agli obiettivi globali di riduzione delle emissioni.

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