(Rinnovabili.it) – Se la lotta al climate change fosse una competizione internazionale tra le grandi economie mondiali, non si avrebbe alcun vincitore. Anzi, peggio: il podio dell’impegno climatico risulta vacante da anni. Quasi gli stessi della pubblicazione annuale Climate Change Performance Index (CCPI), la ricerca che classifica le azioni per il clima di 58 paesi.
L’undicesima edizione è stata presentata oggi a Marrakech da Germanwatch e CAN-Europe e conferma un dato non rassicurante: anche quest’anno, nessuno dei paesi ha raggiunto la performance necessaria per contribuire a mantenere le emissioni globali ben al di sotto della soglia critica dei 2°C e tanto meno di 1.5°C, secondo quanto concordato lo scorso dicembre a Parigi.
Il rapporto, redatto per l’Italia grazie alla collaborazione di Legambiente, analizza l’efficacia della politica climatica di ogni paese sulla base dei criteri standardizzati, basati per il 60% sulle emissioni (30% livello delle emissioni annue e 30% il trend nel corso degli anni), per il 20% sullo sviluppo delle rinnovabili (10%) e dell’efficienza energetica (10%) e per il restante 20% sulla sua politica climatica nazionale (10%) e internazionale (10%).
Dal confronto dei singoli CCPI emerge che la Francia, forte anche del ruolo assunto lo scorso anno con la COP21, si è guadagnata per la prima volta il 4° posto, in risalita dall’8° del precedente indice. Seguono Svezia (5) e Regno Unito (6) che beneficiano tuttavia delle politiche climatiche dei precedenti governi, quindi Cipro (7), Marocco (8) e Lussemburgo (9).
L’impegno dell’Italia nella lotta al climate change
Anche l’Italia fa un passo in avanti raggiungendo la 16° posizione grazie alla riduzione delle sue emissioni. Trend positivo nonostante l’assenza di una politica climatica nazionale a livello degli altri partner europei, che relega il nostro paese in fondo alla classifica specifica (44°) stilata dal rapporto per quanto riguarda le politiche nazionali. Assenza che tuttavia inizia a farsi sentire sempre più. Secondo i dati preliminari dell’Ispra, nel 2015 si è registrato infatti un aumento delle emissioni totali del 2%, dovuto soprattutto alle emissioni del settore energetico che sono cresciute del 3%.
“Il rapporto – ha dichiarato la presidente di Legambiente Rossella Muroni – evidenzia come i paesi europei, rispetto al passato, stiano rallentando la loro performance climatica, mentre le economie emergenti si avvicinano sempre più. Serve subito un forte segnale dall’Europa, soprattutto dopo l’elezione di Donald Trump, e a partire da Marrakech, dove deve riconquistarsi con i fatti la storica leadership ormai in declino”.