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USA: lo zampino di BP dietro le modifiche alle norme ambientali del Nepa

Avanzata da Trump ad inizio gennaio, la proposta di modifiche alle regole di applicazione del Nepa esclude i progetti privati e la valutazione degli impatti cumulativi. Tutta nasce da una lettera di BP inviata al Council of Environmental Quality.

Nepa
Credits: Terry McGraw da Pixabay

Greenpeace scopre una lettera che inchioda BP e l’amministrazione Trump sull’affare Nepa.

 

(Rinnovabili.it) – Alcuni documenti del governo degli Stati Uniti mostrano che BP America, una delle più grandi società energetiche del paese, ha fatto pressioni sul governo USA affinché fossero modificati i criteri di applicazione del National Environmental Policy Act (Nepa), la più importante normativa americana su questioni ambientali. Le modifiche alla norma, infatti, rendono più semplice per i nuovi progetti energetici (quali oleodotti o centrali elettriche) aggirare i controlli e ottenere il via libera sulla valutazione di impatto ambientale.

 

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Avanzata da Trump all’inizio di gennaio 2020, la proposta di modifica alle regole di applicazione del Nepa innalzerebbe la soglia per i progetti che richiedono una valutazione di impatto ambientale, escludendo quelli finanziati in tutto o in parte dal settore privato. Inoltre, viene fatta esplicita richiesta di eliminazione di tutti quei requisiti necessari alla valutazione dei cosiddetti impatti ‘cumulativi’, vale a dire i criteri che tengono conto dei rischi inerenti ai cambiamenti climatici. Per tale ragione, molti sono i gruppi ambientalisti che temono che le modifiche al Nepa, risalente al 1970, avranno come loro principale conseguenza l’aumento delle emissioni di gas serra e l’accelerazione della crisi climatica.

 

In una lettera inviata nell’agosto del 2018 al Council of Environmental Quality (CEQ), e scoperta dall’unità investigativa di Greenpeace, BP ha esplicitamente chiesto una “razionalizzazione” dell’iter di valutazione di impatto ambientale del Nepa, perché questo “beneficerebbe direttamente le operazioni di BP negli Stati Uniti”. L’azienda, infatti, ha in programma di aumentare la propria attività nel territorio USA dopo aver accettato di pagare 10,5 miliardi di dollari per acquistare l’attività di scisto di BHP Billiton, la più grande società mineraria al mondo.

 

Gli sforzi di lobbying della compagnia petrolifera sono emersi in contemporanea con le dichiarazioni di BP di voler ‘battere’ la concorrente Royal Dutch Shell in termini di decarbonizzazione, dichiarando una serie di nuovi obiettivi climatici sulle emissioni. Il programma climatico di BP, infatti, includerebbe la riduzione non solo delle emissioni di gas serra relative alle proprie attività di estrazione e trasformazione dei combustili fossili, ma anche di quelle indirette, ovvero prodotte dall’uso dei suoi carburanti.

 

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In riferimento a questi piani, e aprendo ad uno scenario tristemente ironico, proprio nella lettera al CEQ relativa alle modifiche sulla valutazione di impatto ambientale, BP ha anche chiesto che vengano eliminati i controlli di qualità dell’aria e che siano limitati i cambiamenti ai progetti che le agenzie governative possono richiedere per contribuire a mitigare l’impatto dei grandi progetti. Rispetto a tale questione, BP ha sostenuto che le revisioni sulla qualità dell’aria di terze parti non sono necessarie e che dovrebbero essere eliminate a favore di una revisione effettuata dalle stesse società.