“Chiediamo un intervento urgente e articolato della Commissione Europea a supporto delle istituzioni nazionali per questa emergenza internazionale al fine di scongiurare la catastrofe ambientale e limitarne il più possibile i danni e le conseguenze che sarebbero di enorme portata per l’ecosistema marino e costiero dell’Arcipelago Toscano e della costa maremmana”. Questo l’accorato appello di Sebastiano Venneri, responsabile nazionale per il mare di Legambiente. L’associazione torna oggi ad esprimere la propria preoccupazione in merito al rischio ambientale determinato dal tragico naufragio della Concordia. A pesare sulla flora e fauna dell’arcipelago non sono solo le pericolose 2.280 tonnellate di olio combustibile.
Vernici, solventi, oli lubrificanti, detersivi, reflui sanitari, composti del cloro, e metalli pesanti oltre alla putrefazione della grandissima quantità di derrate alimentari presenti nella nave stanno ora già aggredendo il patrimonio di biodiversità dell’area. In tal senso l’Associazione chiede un intervento rapido e concreto a Bruxelles all’International Maritime Organization (Imo) “per dare, come già annunciato dal Governo nazionale, un segnale chiaro ed esplicito che proprio a partire dal disastro della Concordia ponga le condizioni, nel nostro paese e a livello internazionale, per un controllo accurato e un’interdizione nelle aree sensibili (ad esempio isole minori, aree marine protette, la laguna di Venezia) delle rotte seguite dai grandi natanti da crociera e per i trasporti pericolosi”.
“La Costa Concordia è assimilabile ad una piccola petroliera”. E’ quanto dichiarato oggi dal Ministro dell’Ambiente Corrado Clini, nel corso dell’informativa resa nell’Aula della Camera spiegando che effetti avrebbe un’eventuale fuoriuscita del carburante sull’ecosistema. Le oltre 2mila tonnellate di combustibile, denso e vischioso e ad elevato tenore di zolfo assieme ai 42 metri cubi di olio lubrificante potrebbero compromettere il sistema marino per anni. Gli esperti dell’ISPRA hanno ipotizzato i tre possibili scenari per l’arcipelago nel caso il relitto dovesse affondare consegnato il rapporto nelle mani del Ministro Clini la scorsa domenica. Riporta Legambiente in una nota stampa:
“Il primo scenario prevede lo scivolamento della nave dallo scalino su cui è poggiata fino a 60-80 metri di profondità, mantenendo i serbatoi integri: in questo caso, tramite l’impiego di robot subacquei, si interverrebbe per mettere in sicurezza il combustibile ma con un rilascio controllato degli idrocarburi che avrebbe conseguenze significative su buona parte dell’ecosistema marino”.
“Il secondo scenario, paragonabile all’incidente della nave da crociera Sea Diamond affondata nel 2007 davanti all’isola greca di Santorini, prevede l’affondamento della nave con la rottura delle cisterne e il rilascio di tutte le 2800 tonnellate di olio combustibile, con conseguenze ancora più gravi e un impatto fortemente aggressivo sulla ricchissima biodiversità presente in questo tratto di mare”.
“Il terzo scenario, invece, è il più catastrofico in quanto prevede la possibilità che la nave affondando non abbia rotture e squarci direttamente verso l’esterno, ma tramite frantumazioni interne al natante gli idrocarburi migrino nei locali della nave con un rilascio continuo e prolungato: la compromissione dell’ecosistema marino sarebbe gravissima e con fortissime ripercussioni per lungo tempo paragonabili all’incidente della Rena nella costa orientale della Nuova Zelanda”.