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Summit di Montréal, l’India fa lo sgambetto al taglio delle emissioni

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(Rinnovabili.it) – La conferenza di Montréal sulla riduzione delle emissioni nel comparto aereo non poteva iniziare peggio. A poche ore dall’inizio dei  lavori è arrivata la prima, importante defezione: l’India si tira indietro. Il colosso asiatico ha scelto di non partecipare a questa fase preliminare dell’accordo, tenendosi così le mani libere per difendere la propria industria aerea in forte ascesa. Insieme alla Russia, il gigante asiatico era tra i più ferventi oppositori dell’accordo, già stralciato dal patto sul clima raggiunto il dicembre scorso a Parigi proprio per evitare ulteriori intoppi.

In realtà il patto per limitare le emissioni dei trasporti aerei è sul tavolo fin dai tempi del protocollo di Kyoto, ma gli Stati non sono mai riusciti a raggiungere un’intesa. Così, mentre sta per entrare in vigore l’accordo di Parigi che ha per obiettivo contenere il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2°C, il comparto aereo continua ad espandersi e, secondo alcune stime, ai ritmi attuali potrebbe aumentare le sue emissioni anche del 700% entro il 2050.

 

emissioniOra che l’India si è tirata indietro, il rischio è che anche altri Paesi con economie in forte ascesa possano abbandonare il tavolo. Uno scenario che renderebbe ancora più inefficace qualsiasi accordo raggiunto a Montréal. L’International Council on Clean Transportation (ICCT) stima che se aderissero solo i Paesi sviluppati, il patto coprirebbe solo il 9% del traffico internazionale nel 2030, e mancherebbe una copertura di ben tre quarti della crescita globale del comparto già a partire dal 2020.

Va sottolineato che anche il miglior accordo possibile, date le premesse, non ridurrebbe le emissioni reali: tutto si basa infatti sul meccanismo del mercato dei crediti di carbonio, che le compagnie aeree sarebbero tenute ad acquistare come forma di compensazione. Un approccio che centinaia di Ong e organizzazioni della società civile di tutto il mondo denunciano in un comunicato congiunto, in cui sottolineano che il carbon trading non solo non risolve il problema, ma ne crea altri per quanto riguarda l’uso della terra e la sopravvivenza dei piccoli agricoltori in molte aree del pianeta.

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