Uno studio internazionale con la partecipazione del centro italiano CMCC ha affrontato le implicazioni dei sistemi di rimozione della CO2 dal punto di vista di discipline diverse
Nel dettaglio la raccolta fa da collettore ad una serie di contributi che, considerando obiettivi di concentrazione di gas a effetto serra in linea con un aumento di temperatura media della superficie terrestre compreso tra 2 e 2,5°C, analizzano possibili risultati di strategie per la CDR (Carbon Dioxide Removal). Importante e ricco il contributo a questa pubblicazione del Centro Euro-Mediterraneo sui cambiamenti climatici (Cmcc) il cui esperto Massimo Tavoni – insieme al Prof. Socolow di Princeton – ha curato l’intero numero oltre a essere autore con il ricercatore Chen Chen di un articolo sugli effetti delle applicazioni di particolari tecnologie cattura CO2.
Dagli studi presentati emerge che metodi e tecnologie CDR saranno competitivi solo più in là negli anni, cioè quando, in conseguenza dell’attuazione di strategie convenzionali per la mitigazione, una parte considerevole della riduzione delle emissioni sarà stata già raggiunta. “Si tratta – spiega una nota stampa – di tecniche che mostrano efficacia solo dopo che il surplus di emissione di CO2 proveniente da combustibili fossili sia stato eliminato in buona misura e, anche in quel caso, la riduzione di concentrazione procederebbe a ritmi molto lenti (circa 1 ppm l’anno, il che vuol dire che per abbassare la concentrazione di CO2e da 550 ppm a 450 ppm occorrerebbe circa un secolo)”.
In altre parole questo significa che per risolvere il problema climatico si dovrà sia puntare su metodi che consentano di rimuovere dall’atmosfera più CO2 di quanta non ne sia assorbita attraverso il ciclo naturale del carbonio dagli oceani, vegetazione sia produrne quantità minori.