Partecipare a questa XXIX spedizione antartica italiana è stato importante, non solo per gli aspetti dedicati alla nostra attività di ricerca, ma anche per l’opportunità di interagire con altri gruppi di ricerca e partecipare ad altre attività sul campo insieme ad esperti di altre discipline. Grazie a queste interazioni è stato per me possibile visitare luoghi incredibili ed entrare in contatto con animali che fino ad ora avevo visto solo nei documentari. Durante questo mese infatti, nelle giornate in cui potevamo ottimizzare le uscite in elicottero nelle stesse aree di campionamento, ho partecipato ad alcune missioni con un altro gruppo di ricerca impegnato in uno studio sulla contaminazione ambientale di questo delicato ambiente (Dip. Scienze Vita e Ambiente – Università Politecnica delle Marche).
L’obiettivo dei campionamenti era preciso e chiaro: raccogliere campioni di guano nelle colonie delle due principali specie di pinguini presenti in quest’area: i piccoli pinguini di Adelia e i magnifici pinguini imperatore. Per effettuare questo tipo di prelievo è quindi necessario recarsi direttamente nelle “pinguinaie” dove questi animali vivono e si riproducono in grandi colonie di migliaia di esemplari. Per raggiungere le colonie più lontane (a circa 180 km dalla base) è stato necessario effettuare un trasferimento in elicottero di circa due ore. Il viaggio è lungo ma il panorama è incredibile. Tra l’altro in queste ultime settimane il mare avanza e ci sono zone in cui il pack comincia a rompersi visibilmente e compaiono i primi iceberg galleggianti. La visione del colore blu scuro del mare libero, dopo settimane di mare ghiacciato è decisamente inusuale.
Finalmente arriviamo in vista della grande pinguinaia di Cape Hallett. Dall’elicottero ci appare come una grande mezzaluna di colore scuro che si staglia nel bianco immacolato. Il colore scuro è il risultato del deposito di guano che la colonia produce che è diventato, nel tempo, una vera e propria collinetta dove abitano e si riproducono migliaia di pinguini Adelia (Pygoscelis adeliae) la specie maggiormente diffusa sulle coste del continente Antartico.
Tutte le pinguinaie sono state inserite nelle Aree Antartiche Specialmente Protette (ASPA) e per accedervi abbiamo dovuto richiedere ed ottenere gli adeguati permessi. Queste aree non sono alla portata di tutti e poterle visitare è un privilegio incredibile. Certo, dovrò sporcarmi le mani e raccogliere “guano”….ma vi assicuro che ne vale assolutamente la pena.
L’elicottero ci lascia ad una distanza di sicurezza (per non disturbare i pinguini) e cominciamo la nostra camminata verso al colonia. Dopo alcuni minuti cominciamo ad intravedere i dettagli e sentire il rumore delle migliaia di esemplari presenti. Poco dopo anche il pungente odore di guano comincia a manifestarsi anche se con il tempo riusciamo ad assuefarci e quasi non lo sentiamo più.
Mi ritrovo al centro di una colonia di pinguini intenti a covare le uova e che non capiscono ancora bene le intenzioni di questa delegazione di “uomini in rosso” che camminano vicino ai loro nidi. Lo spettacolo è surreale e se mi guardo intorno mi sembra di essere finito in un documentario della BBC. Lo scenario ambientale di contorno è senza dubbio mozzafiato.
La reazione dei pinguini è inizialmente un misto tra paura, stupore e curiosità ma dopo alcuni minuti di “acclimatazione” veniamo tollerati e quasi nessuno di loro sembra più curarsi di questi strani esseri intenti a raccogliere con estrema cura le loro feci. La buffa espressione di alcuni di loro sembra quasi il risultato di un pensiero interrogativo: ma cosa diavolo fanno questi strani animali rossi con il nostro guano?
Se potessimo comunicare diremmo loro che lo scopo è quello di verificare, attraverso l’analisi del guano (sintesi metabolica di un elevato numero di prede rappresentative dell’ecosistema antartico), gli eventuali livelli di contaminazione del delicato ambiente in cui vivono. Non riusciremo ovviamente a farci capire ma ci basta sapere di essere stati comunque accettati da questi meravigliosi esemplari ignari delle nostre reali intenzioni.
L’area è disseminata di nidi costruiti con piccole pietre dedicati alla cova delle uova (generalmente due) che vengono accudite con caparbietà. Il verso di ammonimento, che parte se ti avvicini troppo al nido, assomiglia ad un ringhio roco di un animale feroce. Riescono, nonostante le piccole dimensioni e l’aspetto buffo, ad incutere timore ed ottenere rispetto. Ci accorgiamo che intorno alla colonia volano numerosi Skua (una sorta di gabbiano antartico) che approfittano della distrazione di qualche esemplare per predare le uova con un volo radente sul nido.
Questa apparentemente crudele lotta per la sopravvivenza cattura per alcuni minuti la nostra attenzione. Cerchiamo comunque di finire in fretta la raccolta dei campioni e ci fermiamo solo alcuni minuti in più ad una certa distanza per scattare qualche fotografia e soprattutto imprimere nella memoria questo splendido scenario.
Dopo alcuni minuti ci accorgiamo che una delegazione di molti esemplari, arrivati dal pack e disposti a ventaglio solo qualche metro dietro di noi, ci stavano osservando immobili e in silenzio incuriositi come lo saremmo noi di fronte ad una non ostile novità. Probabilmente anche loro sono venuti a vedere un insolito spettacolo. Rimaniamo alcuni secondi a guardarci con rispetto e poi con assoluta naturalezza ognuna delle specie prende la propria strada.
La bellezza di questo incontro è inimmaginabile. La sensazione è veramente quella di essere in un luogo speciale, selvaggio e lontano da tutto quello che abitualmente conosciamo. Durante la camminata di ritorno verso l’elicottero un assordante rumore attira il nostro sguardo verso il fronte del ghiacciaio a qualche centinaio di metri che ci regala, forse come monito di avvertimento, una poderosa frana che solleva una immensa nube di neve. Consapevoli della nostra infinita debolezza saliamo in silenzio in elicottero e guardiamo con ulteriore rispetto la colonia di pinguini che piano piano diventa una semplice macchia scura nel bianco infinito.
Dopo circa un’ora e mezza di volo in direzione della base MZS, raggiungiamo Cape Washington dove troveremo la più grande colonia di pinguini imperatore (Aptenodytes forsteri) che appartengono, insieme al pinguino reale, al genere dei pinguini di grandi dimensioni, incapaci di volare ma tutti ottimi nuotatori.
In questo caso non sorvoliamo l’area colonizzata dai pinguini, che è posta sul pack alla base del promontorio, ma ci facciamo lasciare a qualche chilometro di distanza. Nel frattempo le condizioni meteorologiche sono drasticamente mutate, si è alzato il vento e il cielo si è coperto di nubi dense.
Camminiamo in direzione della colonia e ci accorgiamo che “qualcuno” ha iniziato a muoversi verso di noi. Grazie al teleobiettivo riesco a vedere una fila di pinguini imperatore che, scivolando sulla pancia, si avvicinano nella nostra direzione.
Ancora una volta si prospetta un ennesimo contatto tra specie profondamente diverse. Nel giro di una decina di minuti le figure scure di questi enormi pinguini (Il pinguino imperatore è alto in media 115 cm, per un peso compreso fra i 22 ed i 47 kg) diventano nitide e ci accorgiamo che sono diverse decine e seriamente interessati a noi.
L’incontro ha qualcosa di mistico, sarà l’atmosfera drammatica della luce e della densità delle nubi in cielo, ma il reciproco sguardo tra i primi esemplari arrivati a pochi metri, anzi centimetri, da noi sarà indimenticabile.
Anche in questo caso lo stupore e la curiosità è magicamente reciproca.
I pinguini imperatore sono degni del loro nome. Alti, fieri, eleganti, bellissimi rappresentano, giustamente, l’icona vivente di questo luogo speciale. Vorrei restare a guardarli e farmi guardare per ore ma dobbiamo proseguire verso la colonia che appare ancora distante.
La delegazione di benvenuto ci segue e ci anticipa in un gioco incredibile di scivolate e buffe camminate in parallelo alla nostra piccola cordata di 5 persone. Finalmente riusciamo a mettere a fuoco la colonia che ci appare subito immensa e formata da diversi grandi gruppi molto ravvicinati. Una volta arrivati l’impatto è decisamente diverso da quello vissuto nella colonia dei piccoli pinguini Adelia.
Questi bellissimi animali non sembrano per nulla intimoriti dalla nostra presenza e quasi noncuranti continuano nella loro rumorosissima attività. I versi degli adulti e dei giovani pinguini genera un rumore che in certe occasioni diventa quasi assordante.
In questa stagione i giovani esemplari, ancora ricoperti di un morbido piumaggio grigio, hanno raggiunto circa 4-5 mesi di vita e vengono riuniti in gruppi detti Crèche in attesa dell’arrivo dei genitori impegnati nel reperimento in mare del cibo. I pinguini nutrono solo il loro piccolo e il riconoscimento avviene tramite una sorta di fischio modulato emesso dal piccolo e udibile anche a lunga distanza.
Rimaniamo in silenzio assoluto ad ammirare la frenetica ma elegante attività della colonia e cerchiamo di individuare i piccoli in fase di alimentazione. Lo scenario è pazzesco.
Ad un tratto la nostra attenzione è rapita da qualcosa di diverso che si muove nella massa grigia dei giovani pinguini: un rarissimo esemplare albino interamente ricoperto di un piumaggio bianco. Questo evento inatteso sottolinea la straordinarietà della nostra giornata in questo angolo di Antartide.
Anche questi pinguini hanno scelto un luogo magico dove insediare la propria colonia. Il promontorio di Cape Washington di roccia scurissima si staglia sul pack circondato da enormi iceberg che celano e proteggono le diverse parti di questa immensa colonia.
Come sempre la comunicazione radio della sala operativa ci ricorda i minuti che ci separano dall’arrivo dell’elicottero che ci riporterà alla base MZS.
Ci allontaniamo a fatica da questo straordinario luogo consapevoli del grande privilegio che abbiamo avuto nel poter visitare questa area antartica protetta (ASPA).
Durante il volo in elicottero osservo negli occhi dei miei compagni di missione una luce di estasi che riassume più di qualsiasi parola la magia di questa giornata. Prima di arrivare alla base scorgiamo però la sagoma della nave rompighiaccio Coreana “Araon”, arrivata probabilmente nel pomeriggio, che sarà il mezzo di trasporto per il nostro viaggio di ritorno. L’estasi si dissolve all’istante nel momento in cui realizziamo che la nostra missione antartica è alla fine.
Ma prima di partire voglio ancora farvi visitare un posto unico e decisamente inusuale: la parte sommersa del mare antartico. Nel prossimo appuntamento faremo una immersione virtuale nelle fredde acque della Thetys Bay grazie al nostro veicolo subacqueo autonomo.
di Marco Faimali (ISMAR-CNR) – Progetto RAISE – PNRA – XXIX Campagna Antartica