Il "Diario di un ricercatore" ci conduce stavolta sotto il ghiaccio antartico a 65-70 metri di profondità grazie alle immagini catturate da un mini-ROV
Dopo avervi mostrato in questi appuntamenti settimanali i principali organismi terrestri che abitano questi luoghi (ricercatori e personale tecnico compresi!) volevo, prima di affrontare il lungo viaggio di ritorno in nave, mostrarvi anche un piccolo esempio della straordinaria biodiversità che si nasconde sotto il mare ghiacciato.
In qualche occasione, specialmente in questi ultimi giorni di permanenza, dopo aver concluso i campionamenti previsti dal disegno sperimentale del nostro progetto (RAISE-XXIX-PNRA), abbiamo utilizzato il mini-ROV, dedicato principalmente allo studio del “platelet ice” e al campionamento delle uova di Silverfish, anche per dare un’occhiata ai fondali antartici di alcune aree intorno alla base italiana.
Per fare questo abbiamo approfittato dei grandi fori nel ghiaccio utilizzati dal personale militare subacqueo (palombari e incursori) che in questo periodo si è dedicato alle immersioni per campionare degli organismi necessari ad alcuni gruppi di ricerca (vedi articolo sulla ricerca in Antartide). Abbiamo per l’occasione modificato il mini-ROV per un’immersione attorno ai 65-70 metri di profondità.
Insieme al mio collega dell’ISSIA-CNR, Edoardo Spirandelli, siamo partiti con l’intenzione portare a casa una semplice ripresa del fondale e tornare alla base in tempo per il “codice due” (termine radio per ricordare il quotidiano appuntamento delle 10 con il caffè ed alcuni spuntini!).
Per raggiungere il punto di immersione, relativamente vicino alla base, abbiamo utilizzato una delle campagnole a disposizione per i brevi spostamenti sul pack ma avvicinandoci ai fori nel ghiaccio ci siamo subito resi conto che non sarebbe stata una giornata “semplice” e che potevamo già da ora scordarci il “codice due”.
Era, infatti, evidente che le coperture in legno, che in questi casi vengono applicate per rallentare il congelamento dei fori, erano state spostate e qualcuno aveva approfittato di quella inaspettata apertura del pack. Circa una dozzina di foche, fuoriuscite dal foro immersioni, erano disposte in cerchio a godersi il sole di questa splendida giornata.
Il nostro arrivo con la “rumorosa” campagnola ha suscitato solo qualche sguardo assonnato e nemmeno la nostra presenza fisica all’interno di questo “cerchio di foche” ha distolto questi esemplari dalla loro inaspettata pennichella al sole.
Ancora sorpresi ed indecisi sul da farsi, ci accorgiamo che l’acqua del foro sembra diversa da solito e avvicinandoci restiamo increduli nello scorgere migliaia e migliaia di uova di Silverfish scorrere lentamente nella corrente sotto il ghiaccio. Avevamo, senza volerlo, scelto il giorno in cui le uova intrappolate nel “platelet ice“ venivano liberate nell’acqua dallo scioglimento del ghiaccio a piastrine.
Ci siamo guardati, e senza parlare siamo risaliti sulla nostra mitica campagnola n°5 e siamo tornati in base per modificare il mini-ROV e prelevare il necessario per un campionamento di uova di Silverfish.
Tornando abbiamo deciso si utilizzare il foro di sicurezza per le immersioni dei subacquei, ad una ventina di metri dal precedente, ancora coperto dalle spesse assi di legno.
In silenzio, seguendo una sequenza oramai automatica, abbiamo assemblato tutta l’attrezzatura per prelevare, aspirandole sotto il pack, le uova in balia della corrente. Ma, improvvisamente, un forte respiro rompe questo profondo silenzio, girandoci ci accorgiamo che una foca, che ha deciso di approfittare di questa nuova apertura, ci osserva curiosa rimanendo a galleggiare, fierissima, al centro del foro.
Scoppiamo a ridere fragorosamente e la foca sembra apprezzare la nostra gioia e ci regala una serie di espressioni che ci sembrano dei veri e propri sorrisi di compiacimento. Dopo alcuni minuti di stallo, decidiamo di avvicinarci per indurla ad andarsene e tornare nelle gelide profondità. Con nostra estrema sorpresa, pur ci avvicinandoci con decisione al limite del foro, questo splendido esemplare non si sposta ed anzi, gonfiandosi i polmoni, sembra gongolarsi per mettersi ancora maggiormente in mostra. Ci adagiamo sporgendoci dal foro e cominciamo una manciata di minuti indimenticabili di intimo “contatto” con questo essere arrivato dal blu che ci osserva guardandoci dritto negli occhi a qualche centimetro di distanza.
Dopo alcuni minuti questa magica atmosfera viene interrotta da dei suoni armoniosi che arrivano da sotto il pack ai quali la nostra amica risponde, infilando la testa sott’acqua, emettendo una serie di suoni acuti e gravi in una lunga e sincopata sequenza ritmica.
Sono suoni che ricordano qualche film dello spazio in cui le astronavi ricevono messaggi dall’infinito. Un linguaggio bellissimo, armonico e complesso che ci lascia senza parole.
All’improvviso torna il silenzio e sentiamo solo una lunghissima e profonda inspirazione della foca che, guardandoci ancora entrambi per un istante, s’inabissa con una morbida capriola. Rimaniamo a guardarci con un sorriso ebete per almeno un minuto prima di ricominciare a connetterci con la realtà e riprendere la nostra attività.
Finalmente riusciamo ad immergere il mini-ROV che rimane a galleggiare per alcuni minuti in questa acqua densa di uova prima di iniziare a navigare sotto il pack ed aspirare le uova. Le immagini che vediamo in diretta dalla telecamera pilota integrata nel veicolo subacqueo sono incredibili: migliaia e migliaia di uova galleggianti vengono liberate dalla parte inferiore del pack e vengono trasportate dalla corrente.
Abbiamo passato settimane alla ricerca delle uova del Silverfish ma non ci saremmo mai aspettati di assistere in diretta a questo evento culminante del suo ciclo riproduttivo.
Dopo circa 20 minuti di immersione decidiamo di far emergere il mini-rov con il suo prezioso bottino di uova che andranno a costituire il nostro primo allevamento, negli acquari della base, di questa importantissima specie antartica.
Durante la fase di recupero delle uova dal serbatoio del mini-ROV scorgiamo che una delle foche dormienti si è avvicinata, trascinandosi faticosamente sul giacchio, ed è visibilmente intenzionata ad immergersi nel nostro foro di lavoro. Ne approfitto, montando velocemente una piccola videocamera su un lungo palo, per riprendere tutta la scena.
Incurante della nostra presenza si avvicina al foro immergendo la testa per verificare la situazione, e dopo una manciata di secondi di osservazione si tuffa dritta verso il fondo sparendo in un attimo sotto il ghiaccio. Io non sposto la telecamera ancora immersa nella speranza che possa eventualmente tornare e vengo immediatamente ricompensato.
Intravedo sott’acqua il suo muso che guarda la telecamera appesa al palo con sospetto ed indecisione seguendone i movimenti e pian piano inizia una serie di risalite e discese fino ad una riemersione conclusiva che mi permette di riprendere alcune immagini video veramente singolari. Come la precedente, all’improvviso si inabissa, apparentemente richiamata all’ordine da un segnale sommerso, scomparendo sotto il ghiaccio.
Finalmente abbiamo campo libero per immergere il nostro mini-ROV che nel frattempo era stato riconfigurato da Edoardo per l’immersione profonda .
Ci mettiamo davanti allo schermo del PC per seguire la sua discesa nel nero più totale fino ai 65 metri di profondità dove, all’improvviso i fari del ROV, illuminano un fondale letteralmente ricoperto di molluschi bivalvi, spugne, stelle marine coloratissime e centinaia di pesci bentonici che sembrano attratti dei fasci luminosi. Lo spettacolo è disarmante, ci accorgiamo immediatamente come in questo ambiente antartico la biodiversità sia decisamente più ricca sottacqua rispetto alla parte emersa che fondamentalmente presenta solo poche specie (uccelli e mammiferi). Rimaniamo per oltre mezzora a navigare su questo ricchissimo fondale e ci promettiamo in futuro di ritornare con un ROV adeguato per delle immersioni decisamente più profonde.
Per questa volta siamo comunque soddisfatti per aver raccolto comunque immagini anche dei fondali di questa meravigliosa baia.
Tornando in base mi rendo conto che quella di oggi potrebbe essere la mia ultima uscita sul pack in quanto il mio periodo di missione antartica è agli sgoccioli e a breve dovrò imbarcarmi sulla rompighiaccio coreana ARAON che ci trasporterà dal mare antartico fino alla Nuova Zelanda.
Non facciamo neanche in tempo a spogliarci degli indumenti tecnici che in base suona inquietante l’allarme generale ed immediatamente si sparge la voce di un fumo nero e denso che si alza dal pack dalla parte della base Coreana. Usciamo in fretta e ci accorgiamo di una colonna di fumo nero che sale da dietro gli iceberg davanti alla base Coreana.
Nel giro di pochi minuti la sala operativa ha già organizzato il piano delle operazioni di soccorso. Il nostro splendido personale logistico, seguendo le direttive del capo missione, è già pronto con due elicotteri con il personale medico e le guide ed il gatto delle nevi ed il camion antincendio con il personale specializzato per gli incendi.
Finalmente è chiaro quanto è accaduto: un elicottero coreano si è abbattuto sul ponte della nave ARAON durante le operazioni di scarico delle merci ed ha preso fuoco. Partono i soccorsi italiani verso la nave.
Noi ricercatori rimaniamo a disposizione seguendo in diretta le comunicazioni via radio della sala operativa e dei nostri uomini sul campo. Nel giro di pochi minuti le notizie sono buone e l’incendio sul ponte della nave è stato subito domato. Ora ci deve occupare solo del personale coreano coinvolto nell’incidente.
Il nostro personale si è distinto per aver gestito egregiamente i primi soccorsi ai feriti e la totale gestione del loro trasporto in aereo verso la base americana. Verso mezzanotte sono tutti rientrati e ci ritroviamo in sala mensa ad ascoltare i racconti di chi ha vissuto le operazioni di soccorso dal vivo.
Ripenso a come doveva essere tranquilla questa giornata e mi viene in mente la classica frase che i colleghi francesi usano spesso in occasione di eventi anomali: “C’est l’antarctique!“
Marco Faimali (ISMAR-CNR) – Progetto RAISE – PNRA – XXIX Campagna Antartica