(Rinnovabili.it) – Le migrazioni provocate dai cambiamenti climatici sono cicliche e spesso non travalicano i confini del Paese di appartenenza. Ad affermarlo è il Worldwatch Institute, in una relazione appena pubblicata in cui vengono esaminati i modelli di migrazione globali legati al climate change e il loro impatto sulla politica internazionale. Superando quanto rivelato dagli studi condotti negli ultimi due decenni, che hanno stimato tra i 150 e i 1.000 milioni il numero dei futuri rifugiati ambientali, la ricerca ha cercato di dimostrare che generalizzare e fenomeni migratori può mascherare alcune questioni centrali, importanti per lo sviluppo di risposte politiche adeguate. Secondo i ricercatori, infatti, pur trattandosi di un fenomeno che per millenni ha rappresentato una valida strategia di sostentamento, la migrazione climatica raramente è legata solo ed esclusivamente a fattori ambientali. Ma quando una popolazione decide di migrare a causa di particolari fenomeni climatici, lo fa cercando di restare il più possibile vicino a casa, sia per il loro legame con la terra d’origine, la cultura e gli stili di vita, che per mantenere i loro schemi abituali.
La ricerca fornisce anche stime più precise sulla vulnerabilità di alcune popolazioni: la maggior parte delle città africane si trova in zone aride ed è priva delle infrastrutture e delle risorse necessarie per aumentare la resilienza e ridurre la migrazione potenziale; alcune città di Africa, Asia e Sud America che si trovano sulla costa o nelle zone aride vedranno aumentare la loro vulnerabilità urbana; circa 20 milioni di persone negli Stati Uniti dovranno fare i conti con l’innalzamento del livello del mare entro il 2030.