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Microplastiche in mare: a rischio l’intera catena alimentare

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Le microplastiche sopprimono la capacità delle lumache marine di rilevare ed evitare i granchi predatori

 

(Rinnovabili.it) – Le sostanze chimiche rilasciate dalle microplastiche sopprimono completamente la capacità delle littorine (una specie di lumaca marina) di rilevare ed evitare i granchi predatori, che finiscono per mangiarle sconvolgendo la catena alimentare. Non è la prima volta che gli studiosi analizzano gli impatti delle microplastiche sulla vita marina, ma la ricerca condotta dal Centre national de la recherche scientifique (CNRS) e pubblicata sulla rivista scientifica Biology Letters, è la prima a dimostrare l’interruzione della relazione tra predatore e preda, un fatto che potrebbe sconvolgere l’intera catena alimentare. Che le microplastiche siano presenti nei frutti di mare, così come nell’acqua del rubinetto, nel miele, nel sale e probabilmente in molti altri alimenti, è cosa nota, così come è noto che gli esseri umani ne assumano una certa quantità, ma non è ancora ben chiaro quali siano gli impatti sulla salute. 

 

La ricerca ha esaminato la littorina comune, che ha un ruolo centrale nella catena alimentare. Di solito, quando un granchio si avvicina a una lumaca di mare, i segnali chimici la portano a compiere azioni evasive, come ritirarsi nel proprio guscio o nascondersi sotto le rocce. Ma in laboratorio, quando venivano tenute in acqua con le microplastiche raccolte da una spiaggia vicino a Calais, in Francia, le lumache non riuscivano a reagire: l’insieme di comportamenti è risultato totalmente inibito, tanto da non essere in grado di percepire e sfuggire al predatore.

 

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La concentrazione di microplastiche utilizzate negli esperimenti era simile a quella rilevata sulla spiaggia. Le microplastiche attirano metalli pesanti e inquinanti organici persistenti, un cocktail chimico che ha le sue conseguenze. In passato, uno studio precedente aveva dimostrato che le tossine liscivizzate dalle microplastiche fanno crescere in modo anomalo le larve di cozze. Sui risultati della ricerca interviene anche Greenpeace, a favore di una drastica riduzione dell’uso della plastica, soprattutto quella non riciclabile. “Stiamo ancora solo imparando quale potrebbe essere l’impatto sulle singole specie, come la pervinca o addirittura noi umani”, ha detto Paul Morozzo di Greenpeace.

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