Uno studio dell'Università di Manitoba, in Canada, ha evidenziato l'influenza dei frammenti plastici sulla capacità di assorbimento e rifrazione della luce solare da parte dei ghiacci artici.
Le microplastiche raggiungono l’Artico grazie all’aumento delle rotte commerciali e all’apporto di acqua dolce contaminata proveniente dall’entroterra
(Rinnovabili.it) – La concentrazione e diffusione delle microplastiche negli oceani potrebbe influire anche sulla formazione dei ghiacci artici, sulle capacità di assorbimento e di rifrazione della luce e quindi anche sulla disponibilità di radiazione solare per i microrganismi che abitano le regioni dell’Artico. L’allarme è lanciato da un recente studio dell’Università di Manitoba, in Canada, pubblicato sulla rivista scientifica Marine Pollution Bulletin (testo in inglese).
Il team di ricercatori canadesi hanno ricreato le condizioni di formazione del ghiaccio artico presso una delle piscine della Sea-ice Environmental Research Facility dell’Università di Manitoba: utilizzando tubi di alluminio zincato come cornici e lenzuola di cotone come pareti, sono state realizzate due serie di 12 microcosmi della misura di un metro cubo ciascuno.
Il primo set è stato utilizzato per misurare i livelli di luce, mentre il secondo è stato utilizzato per raccogliere campioni di ghiaccio marino. Gli studiosi hanno aggiunto manualmente particelle di microplastica (in quattro diverse concentrazioni: da 0 fino a 1.200 particelle di plastica per litro) per monitorare la loro incorporazione nel ghiaccio marino mentre cresceva.
Le microplastiche sono state marcate con un colorante chiamato Nilo rosso per seguirne gli spostamenti mentre il ghiaccio si congelava. Sotto una luce fluorescente, il colorante fa brillare le microplastiche, permettendo ai ricercatori di osservare come il ghiaccio marino concentri le microplastiche all’interno della sua struttura e, una volta incorporato, come queste particelle rimangano nella matrice del ghiaccio.
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“Abbiamo trovato alte concentrazioni di particelle sulla superficie del ghiaccio marino, a causa della galleggiabilità delle particelle e della rapida formazione di cristalli di ghiaccio che intrappolano le microplastiche quando il ghiaccio si fonde in uno strato solido – spiegano i ricercatori – Sebbene le microplastiche non abbiano influenzato i tassi di crescita del ghiaccio marino, abbiamo osservato variazioni nette dell’albedo di ghiaccio in risposta a concentrazioni medie e alte di microcosmi di microplastiche“.
L’albedo di una superficie è la frazione di luce o, più in generale, di radiazione solare incidente che è riflessa in tutte le direzioni: una delle proprietà chiave del ghiaccio marino in termini di regolazione dello scambio di calore tra l’oceano e l’atmosfera.
L’aumento dei traffici commerciali, l’apertura delle rotte artiche (facilitate proprio dallo scioglimento dei ghiacci indotto dal cambiamento climatico) e il costante aumento di acqua dolce negli oceani (spesso satura di frammenti di plastica) dovrebbero portare a una rapida crescita nella concentrazione di microplastiche nell’Artico. Una situazione che potrebbe compromettere, oltre all’albedo dei mari ghiacciati, anche i processi fotochimici e fotobiologici che si verificano nel ghiaccio marino, come la disponibilità di luce per le alghe che vivono sul fondo della calotta glaciale, con potenziali impatti sulla base della rete alimentare dell’Artico.
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