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Mercurio nell’acqua in bottiglia? Ce n’è poco (e non fa male)

Lo studio del Cnr: i livelli di contaminante sono mille volte inferiori rispetto al valore limite di 1 microgrammo per litro previsto dall’Europa

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Credit: congerdesign – Pixabay License

 

(Rinnovabili.it) – Quanto mercurio c’è nelle acque minerali in bottiglia che tanti di noi, qui in Italia, comprano al bar o al supermercato? E, se c’è, da dove arriva? Alla questione l’Istituto per la dinamica dei processi ambientali del Cnr ha dedicato uno studio, recentemente pubblicato sulla rivista Chemosphere. La buona notizia è che i livelli sono trascurabili per la salute della popolazione. A dirlo è la ricerca, che si avvale di una tecnica analitica specifica per la determinazione del metallo contaminante.

 

Lo studio sulle concentrazioni di mercurio (Hg) nelle acque minerali naturali italiane in bottiglia è stato coordinato dall’Istituto per la dinamica dei processi ambientali del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Idpa) ha coordinato uno studio sulle concentrazioni di mercurio (Hg) nelle acque minerali naturali italiane in bottiglia. ‘Ultra-trace determination of total mercury in Italian bottled waters’ (determinazione di ultra-tracce di mercurio nelle acque in bottiglia italiane) – questo il titolo della ricerca – è stata pubblicata sulla rivista Chemosphere, in collaborazione con l’Istituto di nanotecnologia (Cnr-Nanotec), l’Università della Calabria (Unical), le Università Sapienza di Roma, degli Studi di Ferrara, Ca’ Foscari di Venezia e Magna Graecia di Catanzaro.

 

“Nel biennio 2014-2016 sono state raccolte e analizzate in laboratorio, con una tecnica analitica specifica per la determinazione del mercurio (Hg) in ultra-tracce, 244 acque confezionate in bottiglia di 164 marche, rappresentanti il 64% dell’intero mercato italiano. I dati raccolti forniscono informazioni fino ad oggi assenti, confermando i livelli trascurabili di Hg nelle acque in bottiglia italiane, circa mille volte inferiori rispetto al valore limite di 1 microgrammo per litro previsto dalla Direttiva Europea 2003/40/CE – spiega Massimiliano Vardè dell’Istituto per la dinamica dei processi ambientali del Cnr – Il mercurio è uno dei contaminanti più dannosi e indesiderabili, in particolare nell’ambiente acquatico. L’esposizione ad esso, anche a basse dosi, induce effetti avversi sul sistema nervoso centrale del feto, del bambino e dell’adulto e provoca, inoltre, significativa tossicità renale ed epatica, diminuzione della fertilità, alterazioni del sistema immunitario e danni al sistema cardiovascolare”.

 

Lo studio non si è concentrato solo sulla valutazione della qualità dell’acqua rispetto all’elemento tossico. Nella ricerca sono infatti anche presenti importanti indicazioni in merito all’origine del mercurio nelle acque sotterrane. “Lo studio ha messo in luce infatti, una relazione diretta fra le concentrazioni di Hg misurate e le caratteristiche litologiche degli acquiferi e quindi ai processi di interazione acqua-roccia innescati durante il deflusso profondo – conclude Vardè – È stata osservata in tal modo una correlazione diretta dei livelli di Hg in acquiferi di aree di origine vulcanica e nei siti geotermici e minerari (estrazione di metalli), dimostrando come nelle suddette aree vi siano condizioni favorevoli in termini di disponibilità e mobilità dell’elemento. L’approccio proposto può rappresentare così un’alternativa economica per ottenere una prima indicazione sulla chimica del mercurio nelle acque sotterrane su scala nazionale”.