(Rinnovabili.it) – Ancora un incidente su una piattaforma petrolifera, ancora una marea nera che si allarga e danneggia l’ambiente. La fuoriuscita di petrolio si è verificata domenica mattina da un impianto di proprietà del colosso energetico britannico BP, la piattaforma Claire, situata circa 75 km al ovest delle isole Shetland. Il greggio sversato in mare, secondo quanto riferisce la compagnia in un comunicato, ammonta a 95 tonnellate e sarebbe costantemente monitorato da aerei di ricognizione. Le correnti starebbero spingendo la marea nera in direzione opposta alle coste delle isole britanniche, verso nord.
La fuoriuscita è solo l’ultima di una serie di incidenti che hanno interessato la zona negli ultimi anni. Nel 2011, sempre nel mare del Nord, un impianto dell’olandese Shell aveva sversato nel mare di fronte alla città di Aberdeen più del doppio del petrolio uscito domenica. La BP ha comunicato di aver individuato dopo circa un’ora il guasto, che sarebbe di natura tecnica, e di aver immediatamente bloccato la produzione.
Mentre le autorità competenti stanno procedendo alla valutazione dell’impatto che la marea nera avrà sull’ecosistema marino e, eventualmente, sulla costa, la BP ha già fatto sapere che l’opzione migliore per trattare la fuoriuscita sarebbe “lasciare che il petrolio si disperda naturalmente nel mare del Nord”. Nessun accenno invece alla possibilità di mettere in piedi un qualche meccanismo di contenimento. L’incidente e la reazione della compagnia hanno scatenato le polemiche da parte delle associazioni ambientaliste.
Per Lang Banks, direttore della sezione scozzese del WWF, l’incidente mette in evidenza “i pericoli quotidiani creati dalle trivellazioni al largo della Scozia”. Scozia che, per inciso, negli ultimi anni ha dimostrato di poter essere all’avanguardia nelle energie rinnovabili e in particolare nelle tecnologie per lo sfruttamento dell’energia delle maree. Un percorso che contrasta nel modo più netto con l’ennesimo incidente inquinante dove protagoniste sono le fossili.
A pagare il prezzo più alto, se le correnti manterranno il petrolio lontano dalle coste, potrebbero essere “diverse specie di uccelli che nidificano in colonie sparse dalle Shetland alla Norvegia”, ha affermato un portavoce della Royal Society for the Protection of Birds scozzese.