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Malesia: l’inquinamento da bauxite trasforma Kuantan nella città rossa

Aria tossica e inquinamento di acque e terreni. L’estrazione della bauxite sta condannando con le sue polveri la capitale del Pahang. E il governo corre, lentamente, ai ripari

Inquinamento da bauxite: in Malesia polveri rosse ricoprono Kuantan

 

(Rinnovabili.it) – Rossa la terra, rosse le acque, rossa l’aria. Nella città malese di Kuantan, tre anni di estrazione della bauxite – la principale fonte per la produzione dell’alluminio – hanno modificato profondamente il territorio. I fanghi e le polveri rosse, frutto dell’intensa attività di lavorazione del minerale, hanno fatto precipitare la capitale del Pahang in una vera e propria emergenza ambientale a cui ora il governo della Malesia sta tentando di porre rimedio.

 

Il problema è che questa roccia sedimentaria è ricca di particelle di alluminio e silice, dannose sia per la natura che per la salute di chi la lavora. La situazione si è aggravata all’indomani del blocco alle esportazioni indonesiane e l’aumento delle tariffe dell’India: la forte domanda di bauxite proveniente dalla Cina ha trovato terreno fertile in Malesia che è passata così dalle 162mila tonnellate di minerale estratte nel 2013 ai quasi 20 milioni del 2015, aumentando la concentrazione atmosferica della polvere e trasportandola chilometri e chilometri lontano dalla miniera con il continuo e massiccio uso dei camion.

A complicare ulteriormente le cose, nelle ultime settimane, è stato il meteo: in assenza di depositi di stoccaggio sicuri, le forti piogge e le correnti monsoniche che si sono abbattute sulla zona hanno portato alla progressiva contaminazione anche dei fiumi e del mare.

 

 

L’aumentare delle proteste della popolazione ha spinto in questi giorni il Governo di Kuala Lumpur a prendere alcuni provvedimenti, tra cui l’interruzione di qualsiasi attività di estrazione per i prossimi tre mesi a partire da domani 15 gennaio. Misure, non ci sarebbe neppure bisogno di dirlo, ritenute dagli ambientalisti e da quanti oggi protestano assolutamente inadeguate (oltre che tardive) visto l’attuale situazione: secondo gli esperti si è in presenza di un disastro ambientale senza precedenti, con chilometri di acque e terreni ricoperti da una spessa coltre color ruggine che ipoteca il futuro della zona.

 

“La terra non potrà essere utilizzata per molto tempo, compresi i campi agricoli – spiega l’ingegnere civile Muzamir Hasan – in quanto non è più fertile. Il processo per risanare il terreno recuperando i minerali e le sostanze nutritive richiederà molto tempo. Stesso discorso per il suolo dedicato all’edilizia. Ci vorrà molto tempo prima che la struttura del terreno torni forte e compatta come prima. La cosa più preoccupante è la presenza di ammassi di terra che è stata estratta in prossimità di aree residenziali. Può causare frane e colate di fango, se piove pesantemente”.