(Rinnovabili.it) – Le compagnie minerarie stanno spingendo sui grandi del mondo, affinché al G20 portino avanti la bandiera del carbone come soluzione alla povertà energetica globale. Hanno già vinto la partita con l’Australia, che non ci pensa nemmeno ad includere il cambiamento climatico nella sua agenda formale.
Sono nate perfino delle campagne a supporto al carbone. Ovviamente portate avanti dagli stessi signori del fossile. Come quella intitolata “Luci accese”, promossa dalla Peabody, colosso privato del settore, che mira con un progetto on line a fare lobby sul G20 del prossimo mese a Brisbane. L’intenzione è convincere le potenze mondiali che l’energia da carbone è cruciale per rafforzare la posizione dei paesi in via di sviluppo. “Luci accese” rientra in una strategia di “comunicazione” più generale, affidata all’agenzia Burson-Marsteller, che mira a fare pressioni su Cina, Stati Uniti ed Australia, chiamata “Advanced Energy for Life”.
Quest’ultima è scattata subito sull’attenti: il presidente australiano Charles Meintjes ha acconsentito a fare una presentazione pro-carbone in un workshop per il G20 Energy Program tenutosi a Brisbane un paio di mesi fa. Nel suo discorso, Meintjes ha sostenuto che «il carbone è l’unica fonte esistente che può permettere di far fronte, in prospettiva, ai crescenti bisogni energetici» nelle aree più povere del mondo. Il presidente ha perfino proiettato dei grafici in cui presentava la diretta correlazione fra l’aumento del consumo di carbone, quello dell’aspettativa di vita e il Pil mondiale.
In difesa delle rinnovabili è venuto Simon Bradshaw, di Oxfam Australia, che ha replicato come le energie rinnovabili offrano «una prospettiva di più lungo periodo per aumentare l’accesso all’elettricità in molti Paesi e in molti mercati. Il cambiamento climatico è la più grave minaccia nella lotta alla fame e alla povertà, e bruciare carbone dà il più grosso contributo a questo processo».
Al prossimo G20 si gioca una partita importante, che le lobby del fossile non vogliono perdere. Forse i grandi del mondo, vedendosi responsabili dell’80% delle emissioni totali, a Brisbane decideranno di cambiare prospettiva. O forse è proprio per questo che non lo faranno.