(Rinnovabili.it) – Le proposte dell’Unione europea riguardo ai limiti per le emissioni tossiche delle centrali a carbone saranno meno severe di quelle cinesi. Lo afferma Greenpeace, che porta le prove di un coinvolgimento dei rappresentanti dell’industria energetica più inquinante nella definizione delle misure. Le riunioni di Bruxelles hanno visto gomito a gomito lobbisti delle compagnie più sporche e tecnici della Commissione, per scrivere la legge a quattro mani.
Greenpeace ha analizzato il background di centinaia di rappresentanti inviati dagli Stati membri a sedersi al tavolo che si occupa di formulare nuovi limiti in materia di inquinamento dell’aria in Europa. Ecco come i grandi inquinatori scrivono le regole che dovranno poi darsi, in un turbinio di porte girevoli che porta a legiferare gruppi di potere che, non solo non sono passati attraverso un processo elettorale, ma rappresentano un mondo – l’industria – che non ha il diritto di scrivere testi legali.
L’associazione ambientalista ha scovato che su 352 membri del gruppo di lavoro tecnico, 183 sono a libro paga delle aziende che dovrebbero sottostare alle normative, o di gruppi di pressione che rappresentano tali società. L’esempio più eclatante è quello greco, dove tutti i 7 membri della delegazione sono rappresentanti della Hellenic Petroleum e della Public Power Corporation, uno degli operatori più inquinanti d’Europa nel settore delle centrali a carbone da lignite. Nonostante alcuni Stati membri abbiano dichiarato che questi delegati non hanno la potestà di negoziare, il Guardian afferma di avere le prove che invece hanno spinto con grande intensità per ottenere misure antinquinamento deboli. Per l’Italia, su una delegazione di 6 persone, una rappresenta gli interessi del carbone secondo Greenpeace, e viene da Assoelettrica.
In tutto, più di 8.500 osservazioni sono state presentate da Stati membri dell’Ue sulle nuove norme proposte: un numero la commissione ritiene “eccezionale”. Il Guardian ha appreso che la stragrande maggioranza di esse ha l’intento di indebolire i limiti proposti o introdurre esenzioni.
Nel rapporto pubblicato ieri, Greenpeace accusa le delegazioni di Gran Bretagna, Polonia, Repubblica Ceca, Grecia, Germania, Francia e Spagna di essere i principali responsabili del sabotaggio delle normative sulle emissioni industriali.
La direttiva che le regola è stata proposta nel giugno 2013, e potrebbe ancora essere modificata con una proposta formale che la Commissione cercherà di presentare a fine mese. Per il momento, l’intenzione è di tagliare le emissioni da biossido di zolfo del 70%, quelle di ossido di azoto del 50% e il particolato del 60%.
Cina e Stati Uniti hanno misure più stringenti.
Il baco è soprattutto in un passaggio della direttiva: essa sostiene che per ridurre l’inquinamento verranno utilizzate le cosiddette “migliori tecnologie disponibili”, ma solo qualora il processo sia “economicamente sostenibile e tecnicamente affidabile”. Una espressione che, senza precisazioni, significa tutto e niente. Una scappatoia per qualunque Stato che intenda privilegiare gli inquinatori. Alcuni Paesi sostengono, infatti, che i benefici dell’aria pulita sono superati dal costo delle tecnologie.
Ad inizio settimana, l’Agenzia Europea per l’Ambiente ha avvertito che l’inerzia dei governi sta permettendo ai cancri da inquinamento di uccidere 400 mila persone in tutto il continente.