Secondo uno studio del Worldwatch Institute, gli eventi climatici estremi potrebbero compromettere la produzione mondiale di cereali, con conseguenze alimentari e ambientali
Oltre all’aumento dei consumi, che vede al primo posto l’India (con 89 milioni di tonnellate) seguita da Cina (87) e Stati Uniti (28), le conseguenze degli eventi climatici estremi modificheranno i trend attuali. Ne è un esempio quanto sta accadendo negli Stati Uniti, uno dei più grandi produttori al mondo, dove, la siccità che ha colpito le Grandi Pianure, porterà i 345 milioni di tonnellate prodotte nel 2012 a 274,3 nel 2013, con un calo del 13% rispetto ai livelli registrati nel 2011. Si tratta di una situazione che, secondo la FAO e Oxfam International, nel 2015 interesserà circa 375 milioni di persone e nel 2050 aumenterà del 10-20% il numero delle persone che muoiono di fame. Tendenze che per il Direttore del Nourishing the Planet, Danielle Nierenberg, vanno assolutamente invertite. Oltre a ridurre la volatilità dei prezzi, per Nierenberg è necessario abbandonare un’agricoltura basata sui combustibili fossili e iniziare a trovare soluzioni per resistere al cambiamento climatico.