Secondo uno studio del Worldwatch Institute, gli eventi climatici estremi potrebbero compromettere la produzione mondiale di cereali, con conseguenze alimentari e ambientali
(Rinnovabili.it) – I cereali sono uno degli alimenti principali nelle diete di tutto il mondo, consumati principalmente nel Nord Africa (62%), in Asia (60%) e negli Stati Uniti (23%), e si prevede che la loro produzione mondiale raggiungerà le 2,4 milioni di tonnellate nel 2012, con un aumento dell’1% rispetto ai valori del 2012. Lo rivela uno studio condotto dal Progetto Nourishing the Planet del Worldwatch Institute, secondo il quale, nonostante l’attuale fattore di crescita, il delicato rapporto che si sta instaurando tra sicurezza alimentare, produzione di cereali e cambiamento climatico potrebbe comportare conseguenze per nulla trascurabili, non solo sul piano alimentare, ma anche su quello ambientale.
Oltre all’aumento dei consumi, che vede al primo posto l’India (con 89 milioni di tonnellate) seguita da Cina (87) e Stati Uniti (28), le conseguenze degli eventi climatici estremi modificheranno i trend attuali. Ne è un esempio quanto sta accadendo negli Stati Uniti, uno dei più grandi produttori al mondo, dove, la siccità che ha colpito le Grandi Pianure, porterà i 345 milioni di tonnellate prodotte nel 2012 a 274,3 nel 2013, con un calo del 13% rispetto ai livelli registrati nel 2011. Si tratta di una situazione che, secondo la FAO e Oxfam International, nel 2015 interesserà circa 375 milioni di persone e nel 2050 aumenterà del 10-20% il numero delle persone che muoiono di fame. Tendenze che per il Direttore del Nourishing the Planet, Danielle Nierenberg, vanno assolutamente invertite. Oltre a ridurre la volatilità dei prezzi, per Nierenberg è necessario abbandonare un’agricoltura basata sui combustibili fossili e iniziare a trovare soluzioni per resistere al cambiamento climatico.