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L’inquinamento acustico contamina anche le aree protette

L’Agenzia europea dell’Ambiente pubblica la prima mappa sulle aree tranquille in Europa e rivela: il 20% dei siti Natura 2000 è contaminato dal rumore

L'inquinamento acustico contamina anche le aree protette

 

(Rinnovabili.it) – Esistono ancora in Europa aree “tranquille”, dove l’inquinamento acustico non ha compromesso ambiente, salute e patrimonio naturale? Risponde l’agenzia Europea dell’Ambiente che, con il nuovo rapporto “Quiet areas in Europe: the environment unaffected by noise pollution”, regala ai cittadini europei la prima mappa delle “zone rurali tranquille”. Con questa definizione (riportata nella Direttiva del 2002) non si intende un luogo privo di rumori quanto piuttosto non toccato da suoni indesiderati o nocivi prodotti da attività umane.

Zone, va detto, che sono molto meno di quanto ci si potrebbe aspettare. Oggi, infatti, un terzo delle campagne a livello europeo è potenzialmente affetto da inquinamento acustico, e dalla contaminazione non sono risparmiate neppure le aree protette. Circa un quinto dei siti Natura 2000 in Europa sono esposti a livelli elevati di rumore.

La relazione evidenzia come la distribuzione delle zone silenziose sia fortemente correlata alla densità della popolazione e dei trasporti. Ma anche altri fattori, meno immediati, possono influenzare il livello di silenziosità, come l’altitudine, la distanza dalle coste e l’uso del suolo. Questo comporta ovviamente che le nazioni con densità di popolazione relativamente bassa, come la Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia, abbiano anche la più alta percentuale di zone tranquille. Le aree più rumorose tendono ad essere concentrate, invece, in Paesi come il Belgio, il Lussemburgo e l’Olanda.

Il rapporto si basa sulla Guida alle Buone Pratiche sulle zone tranquille’, così come definite dalla normativa comunitaria. Tale relazione propone un metodo, Quietness Suitability Index (QSI), con cui identificare e proteggere queste aree.

Anche se sono state intraprese diverse azioni in tal senso, gli autori del rapporto sottolineano che la strada da percorrere è ancora lunga: molto potrebbe essere fatto per ridurre l’inquinamento acustico in queste zone e proteggere, di conseguenza la salute umana e la biodiversità. Tali misure possono includere, ad esempio, l’introduzione di una normativa nazionale o locale che limiti certe attività. O ancora, gli Stati membri dovrebbero elaborare delle mappe acustiche strategiche in grado di permettere la determinazione globale dell’esposizione al rumore in una data zona esposta a varie sorgenti di rumore e la definizione di previsioni generali per questa zona.