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L’India ratifica il Kyoto-bis attirata dal CDM

L’India ratifica il Kyoto-bis attirata dal CDM

 

 

(Rinnovabili.it) – Mentre gli Usa si affrettano a far pulizia delle politiche ambientali lasciate in eredità da Obama, quelli che fino a ieri erano i Paesi più reticenti nei confronti di impegni climatici stanno monopolizzando la scena mondiale. Al punto da arrivare considerare la ratifica il Protocollo di Kyoto-bis uno sprone per le altre nazioni. E’ il caso dell’India, il cui gabinetto ha annunciato l’approvazione ormai prossima del celebre trattato climatico.  La versione è quella emendata alla Cop 18 di Doha nel 2012, con cui le Parti dell’UNFCCC hanno concordato di estendere il Protocollo, in scadenza quello stesso anno, fino al 2020.

 

Ma dal “Kyoto bis”, così è stato ribattezzato, i maggiori inquinatori si sono tirati subito fuori. Fino ad oggi, solo 75 Paesi hanno ratificato il Doha Amendment, contro i 144 necessari per far entrare il patto in vigore. Fuori sono rimasti Russia, Giappone e Canada. Gli USA, che non avevano ratificato neppure il primo protocollo di Kyoto, si sono sfilati dalla discussione puntando direttamente all’Accordo di Parigi, lo stesso che oggi fa storcere il naso al presidente Trump.

Solo qualche anno fa sarebbe bastato questo disimpegno delle grandi economie per far alzare un muro anche ai due giganti asiatici, India e Cina. Oggi invece la Repubblica popolare spera di poter occupare  il ruolo di “leader ambientale” lasciato vacante (ha depositato gli strumenti di ratifica del Kyoto bis nel 2014). E Nuova Delhi ne potrebbe seguirne le orme anche se va ricordato che per le economie emergenti i tagli delle emissioni sono volontari e non vincolanti. Così come va ricordato che è soprattutto un aspetto dell’Emendamento di Doha che interessa il governo di Narendra Modi: il Clean Development Mechanism (CDM).

 

“L’attuazione dei progetti CDM […] in conformità con le priorità nazionali di sviluppo sostenibile, attirerà nuovi investimenti in India”, si legge nella nota stampa lanciata dal governo.

 

Si tratta del più grande mercato di crediti di carbonio al mondo. In teoria, il CDM permette ai Paesi industrializzati di sostenere progetti che riducono le emissioni nei paesi in via di sviluppo e quindi utilizzare i crediti di riduzione dei gas serra derivanti per i propri obiettivi nell’ambito del protocollo di Kyoto. Peccato che, come ha rivelato qualche anno fa la rivista Climatic Change, molti progetti realizzati con gli incentivi del CDM non sono così sostenibili come vantato sulla carta. Al contrario, hanno gravi impatti sociali e ambientali negativi. Uno dei progetti peggiori su questo fronte è Campos Novos, una diga idroelettrica da 880 MW in Brasile, che ha iniziato il processo di approvazione per il CDM nel 2006. La sua costruzione è iniziata però addirittura nel 2001 e ha coinvolto una violenta repressione delle proteste e lo spostamento di 750 famiglie senza alcun compenso in cambio.

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