(Rinnovabili.it) – Mentre le Filippine venivano colpite dal terzo tifone in contemporanea con le riunioni mondiali ONU sul clima in 3 anni, si è chiusa la prima settimana di negoziati sul clima alla Conferenza delle Parti di Lima: scusate la rima, c’è ben poco di poetico nelle trattative, a dire il vero. Si oscilla tra retorica e furbizie, tra toni melliflui e mosse da scacchisti. Nella seconda settimana ci sarà un testo da discutere, il testo su cui si dovrebbe costruire l’accordo globale di Parigi. Le posizioni sono ancora lontane, tant’è che la Cina e altri Paesi hanno chiesto che il nuovo testo sia una semplice compilation delle varie opzioni, cioè delle posizioni dei vari Paesi. Vedremo.
Eppure la COP si era aperta sotto il segno della speranza. I negoziatori erano arrivati in sella all’annuncio dell’accordo Cina-Stati Uniti, ai notevoli (ma ancora insufficienti) impegni di contributo al Fondo Verde per il Clima, all’obiettivo indiano di dare un enorme impulso all’energia fotovoltaica. Già il secondo giorno, però, i soliti riti e le solite contrapposizioni erano emerse, drammaticamente. La filosofia del “perché io?” aveva ripreso il sopravvento, insieme agli sgambetti reciproci. Per fortuna, la presidenza peruviana ha ripreso in mano la situazione, convocando un incontro tra i maggiori gruppi di paesi e ha dato un impulso alla concretezza.
Il rischio, però, è che alcune questioni chiave non vengano affrontate, in particolare il cosiddetto “work stream 2”, vale a dire il filone che riguarda gli sforzi per ridurre le emissioni entro il 2020, cioè prima dell’entrata in vigore del nuovo accordo globale che dovrebbe scaturire l’anno prossimo dal Summit di Parigi: questo perché la comunità scientifica ci dice che emissioni devono raggiungere il picco, cioè cominciare a decrescere, entro pochi anni per evitare le peggiori conseguenze del cambiamento climatico. Nei negoziati, l’Unione Europea, il Canada, gli Stati Uniti, la Nuova Zelanda e l’Australia hanno chiesto che nella bozza di testo venissero cancellati i riferimenti dettagliati per una revisione o una rivisitazione dei loro impegni per il periodo pre-2020. Una posizione davvero incomprensibile, quella dell’Unione Europea, visto che ha già raggiunto l’obiettivo del taglio del 20% delle emissioni di CO2 e quindi rischia di rigirarsi i pollici sino al 2020, perdendo così spinta competitiva e all’innovazione su settori che ormai vedono una corsa a livello mondiale. Ma comunque sia, non è quello che si deve fare, lo sanno tutti, e si sta solo giocando sulla pelle di tanti milioni di persone, se non di tutti.
Il WWF, gli ambientalisti e gran parte della società civile presente a Lima non intendono consentire che l’accordo di Parigi dimentichi l’esigenza di tagliare subito le emissioni in modo molto più coerente con le previsioni scientifiche (finora dimostratesi troppo caute alla prova dei fatti, non certo allarmistiche).
E proprio dalla società civile vengono i maggiori segnali di speranza, si sta faticosamente conquistando la capacità di superare le differenze per cooperare sugli obiettivi comuni. Non solo le organizzazioni indigene, che pure hanno tante differenze tra loro e con le altre associazioni, ma i sindacati, le organizzazioni di sviluppo, quelle religiose, tutte sono molto determinate ad ottenere un accordo equo e in linea con la riduzione drastica delle emissioni, fino all’azzeramento in tempi medio-lunghi, che dobbiamo assolutamente praticare se vogliamo evitare il peggio. Anche molte imprese sono sempre più convinte che lo sviluppo sostenibile sia l’unico in grado di assicurare loro le condizioni per fare impresa. Purtroppo le grandi corporation dei combustibili fossili no, non hanno ancora capito che hanno pochissimo tempo per reinventarsi, non hanno capito che la transizione è un fiume in piena e i loro egoistici interessi non sono in grado di fermarla, solo di ostacolarla in modo dannoso per tutti.
La settimana si aprirà con nuovi annunci positivi. Speriamo che il puzzle si ricomponga e colmi i vuoti, di potere e di leadership, dei Governi. Non staremo a guardare.
di Mariagrazia Midulla, Responsabile Clima ed Energia – WWF Italia