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Life Cycle Assessment: dalla culla alla tomba

Quanta energia è impiegata nei processi produttivi? Quanta ne consumerà un prodotto durante il suo funzionamento? Quale sarà il costo ambientale del suo smaltimento? Basta un solo strumento per rispondere a tutte le domande: l’LCA, l’analisi del ciclo di vita

Quando la gente comune parla di prodotti, solitamente è abituata a pensare ad una qualunque merce offerta dal mercato per attenzione, acquisizione, uso o consumo, per soddisfare un desiderio oppure un bisogno. Altra cosa invece, è immaginarsi un prodotto nella veste non solo di oggetto fisico in sé, ma anche in quella di un’ampia rete di servizi, persone, luoghi, organizzazione ed idee.
Un passaggio ulteriore in questo senso, risiede nella scarsa assimilazione, (tanto per i consumatori che, in certi casi, per gli stessi produttori), di un concetto esteso di “merce” che comprenda, accanto alla valutazione quantitativa delle possibilità ed opportunità inerenti al prodotto nel mercato di riferimento, anche un tipo di indagine che va a misurare in termini marcatamente qualitativi, le potenzialità del prodotto-mercato nel tempo: stiamo parlando del Life Cycle Assessment (o LCA), il metodo che analizza l’intero ciclo di vita di un prodotto.

Per avere una completezza delle informazioni inerenti ai processi che ruotano intorno ad un prodotto è quindi molto importante capire cosa sia l’LCA, perché solo attraverso questo tipo di conoscenza si possono operare delle scelte di mercato-consumo “consapevoli”, definite da trasparenti parametri di sostenibilità ambientale, competitività e qualità della merce in distribuzione. Di più: la comprensione stessa delle attività connesse all’esistenza di un prodotto passa inevitabilmente per un’assimilazione delle questioni relative alla natura del Life Cycle Assessment, e dunque occorre per forza chiedersi perché sia stato ideato questo strumento, a cosa serve e, in ultima analisi, quali siano i suoi obiettivi.

Caratteri Generali del Life Cycle Assessment

L’LCA è innanzitutto una metodologia “oggettiva” che si basa sulla valutazione degli impatti energetici ed ambientali relativi ad un prodotto, procedura o servizio all’interno di un contesto definito a priori; prima dell’effettivo inizio dell’indagine è infatti necessaria una precisa delimitazione dell’ambito nel quale si intende operare.
L’idea alla base di questa complessa metodologia di ricerca ambientale è, in parole povere, quella di registrare l’intera vita di un composto o di un sistema “dalla culla fino alla tomba”. Tale procedura quindi, comprende attività come l’estrazione e lavorazione delle materie prime, la fabbricazione della merce, il trasporto, la distribuzione, l’utilizzo e l’eventuale riuso dell’intero prodotto (o di sue singole parti), la raccolta, lo stoccaggio, il recupero e (eventualmente) lo smaltimento finale dei relativi rifiuti.
Il Life Cycle Assessment, che in origine era stato sviluppato con il solo scopo di determinare la durata massima della vita di un prodotto, viene oggi specificatamente sfruttato per la comparazione degli effetti ambientali di due o più prodotti diversi, di gruppi di prodotti, di sistemi e procedure, oltre a fornire il supporto necessario all’individuazione di eventuali carenze ambientali nelle merci e nei servizi definendo, in seconda battuta, strategie utili al miglioramento della loro eco-compatibilità.
Tra i vantaggi derivanti dall’utilizzo di questa procedura, vi è quindi la possibilità di favorire una sana concorrenzialità tra le aziende produttrici che aderiscono alla “certificazione LCA“ delle loro merci e che, grazie alla trasparenza e alla tracciabilità dei loro aspetti ambientali riescono a migliorare progressivamente le strategie di marketing nel rapporto diretto con i consumatori.

Evoluzione normativa

I primi sistemi di analisi comparativa di prodotti hanno esordito intorno agli anni ’70 negli Stati Uniti e in Germania; tematiche come le materie prime, la richiesta di energia, il problema delle emissioni e lo smaltimento dei rifiuti erano già allora molto importanti e sono state quindi progressivamente introdotte dalle aziende all’interno del loro bilancio complessivo.
In seguito, a partire dal 1997, la metodologia LCA è stata regolamentata al livello internazionale dalle normative tecniche della serie “ISO 14040”.
A livello europeo invece, l’importanza strategica dell’adozione della metodologia LCA come strumento scientificamente adatto all’identificazione di aspetti ambientali significativi è espressa chiaramente all’interno del Libro Verde COM 2001/68/CE e della COM 2003/302/CE sulla Politica Integrata dei Prodotti, ed è suggerita, almeno in maniera indiretta, anche all’interno dei Regolamenti Europei: EMAS (761/2001/CE) ed Ecolabel 1980/2000/CE.

Le fasi di analisi del metodo LCA

E’ proprio partendo dalle direttive della serie ISO 14040, che il Life Cycle Assessment ha poi potuto distinguere chiaramente quattro diverse fasi relative al suo campo di analisi e studio, che ora andremo sinteticamente ad illustrare.

La prima fase, chiamata dalla ISO 14041 “Definizione di ambito e di obiettivo”, è la più delicata e riguarda in generale il livello di approfondimento dello studio in atto, la qualità dei dati richiesta, la selezione dei parametri per la realizzazione della stima dell’impatto ambientale e le possibili interpretazioni all’interno del contesto della valutazione. Tra le altre cose, bisogna anche decidere se (ed eventualmente come) una commissione di esperti debba stendere un resoconto esterno (ossia un’indagine critica), come richiesto dalla stessa ISO 14040, utile per la realizzazione di studi comparativi aperti al pubblico.
Nello specifico poi, è necessaria una precisa descrizione dell’obiettivo e del campo di applicazione dell’analisi da effettuare sul ciclo di vita del prodotto-servizio, ossia l’individuazione dei confini temporali, geografici, pratici e tecnici dove ha luogo ciascuna delle “fasi di vita” previste, (ad es. la fase “trasporto” del prodotto “acqua minerale”: in quanto tempo viene trasportata? Da che punto a che punto viene spostata? etc).
E’ importante inoltre che venga stabilita, proprio in questa fase, l’unità di misura (detta anche unità funzionale) a cui devono rapportarsi tutti i dati raccolti dall’analisi di ogni singolo “momento di vita“ della merce per poi delimitare con precisione quali siano i parametri del ciclo di vita considerati a “basso-medio-alto” impatto ambientale, (di solito si utilizza il parametro “Unità di CO2 emessa” in relazione al tipo di attività presa in esame – ad es. imballaggio, trasporto, riciclo etc. – e che, entro una certa fascia di valori prestabiliti determinerebbe, il tipo di impatto ambientale previsto).
In questo modo, definendo quali saranno i “flussi ambientali-energetici“ più rilevanti del sistema analizzato, sarà anche possibile garantire un criterio di riferimento chiaro per la raccolta dei dati durante la successiva fase di inventario.

La seconda fase infatti, chiamata dalla ISO 14041 “Inventario del ciclo di vita“, consiste proprio nella compilazione di un inventario dove i flussi di energia delle singole fasi di vita del prodotto vengono annotati minuziosamente e dove, (prendendo in considerazione l’intera vita della merce in esame), sarà possibile determinare con chiarezza tutti quei flussi ad alto impatto ambientale che superano certi valori stabiliti in precedenza nei vari sistemi di riferimento.

La terza fase, chiamata dalla ISO 14042 “Valutazione dell’impatto del ciclo di vita“, serve invece per riconoscere, riassumere e quantificare i possibili effetti ambientali dei sistemi di riferimento esaminati, nonché per fornire informazioni essenziali per le interpretazioni successive che vengono poi realizzate nel successivo quarto passaggio.
Prima di andare avanti però, occorre soffermarsi ancora un momento su una particolare sezione della Fase 3 denominata “Classificazione“. Proprio in questa sezione infatti, i flussi di energia esaminati nella precedente analisi d’inventario, vengono assegnati a delle “categorie ambientali“ (fissate previamente dallo stesso LCA), che sono rappresentate dalle seguenti classi: – Riscaldamento globale (GWP)Riduzione dell’ozono presente nella stratosfera (ODP)Formazione fotochimica dell’ozono nella troposfera (POCP)Eutrofizzazione (NP)Acidificazione (AP)Tossicità per l’uomo (HTP)Eco-tossicità (ETP)Utilizzo del territorio

La quarta ed ultima fase infine, chiamata dalla ISO 14043 “Interpretazione dei risultati”, ha come obiettivo l’analisi dei risultati ottenuti, nonché la spiegazione del significato che essi assumono e delle restrizioni che pongono. I fatti essenziali, basati sui risultati dell’analisi dell’inventario e sulla stima dell’impatto ambientale, devono essere determinati e verificati in merito alla loro completezza, sensibilità e consistenza. Le assunzioni della Fase 1 di definizione dell’obiettivo e dell’ambito dell’analisi devono essere richiamate proprio in questo passaggio: solo sulla base di questi presupposti, infatti, è possibile trarre delle conclusioni e fornire delle raccomandazioni.

Politiche di prodotto e applicazioni dell’LCA: tra etichette ecologiche, Eco e Green design

Nella politica di prodotto, il Life Cycle Assessment, può potenzialmente giocare un ruolo utile sia nel settore pubblico che nel privato.
Un esempio in tal senso, ci viene fornito dall’Ecodesign, ossia l’applicazione del metodo LCA rivolto al miglioramento di prodotti esistenti e allo sviluppo di nuovi prodotti. Tale miglioramento può riguardare tanto l’utilizzo di materie prime, quanto i processi produttivi, il packaging, la distribuzione, il marketing etc.
Il Green design invece, offre spunti interessanti per l’applicazione dell’LCA nell’ambito dell’architettura, dell’edilizia e del design per interni. Si riferisce in particolare ad una progettazione che mira a rispettare l’ambiente, scegliendo l’efficienza energetica, lavorando in armonia con il paesaggio naturale e utilizzando risorse rinnovabili e materiali riciclati.
Infine le etichette ambientali dei prodotti ecocompatibili: grazie alla loro assegnazione le aziende sono in grado di usare l’LCA per aumentare il vantaggio competitivo e consentire ai consumatori di scegliere consapevolmente i prodotti verdi.
Questi “marchi ecologici”, applicati direttamente su un prodotto o su un servizio forniscono informazioni sulla sua performance ambientale complessiva, o su uno o più aspetti ambientali specifici.
Attualmente esistono etichette ambientali di 3 tipologie differenti:
Etichetta Ecologica di Tipo I (ISO 14024) – è l’Eco-Label, riconosciuta a livello europeo. Tale etichetta è sottoposta a certificazione esterna e viene attribuita da un organismo competente sulla base di specifici criteri di riconoscimento dell’eccellenza ambientale, diversi per ogni categoria di prodotti.
Etichetta Ecologica di Tipo II – riporta “autodichiarazioni” circa le caratteristiche ecologiche dei prodotti; la Norma ISO 14021 specifica inoltre che le caratteristiche delle “avvertenze” devono contenere informazioni accurate, verificabili, rilevanti e non ingannevoli. A tale scopo si richiede l’utilizzo di metodologie verificate e provate su basi scientifiche che consentano di ottenere risultati attendibili e riproducibili, (ad es. l’LCA).
Etichetta Ecologica di Tipo III (ISO/TR 14025) – E’ la cosidetta EPD (_Dichiarazione Ambientale di Prodotto o Ecoprofile_). Essa riporta informazioni ambientali su un prodotto in base a parametri prestabiliti ed è sottoposta ad un controllo indipendente. L’EPD è indicata per prodotti e servizi lungo la filiera produttiva e, riferendosi a Normative ISO, è riconosciuta su tutto il mercato internazionale. L’EPD consiste in sintesi, in una scheda di prodotto relativa ai potenziali impatti ambientali associati all’intero arco del ciclo di vita, valutato con metodologia normata ISO.

Per informazioni più dettagliate sulle varie politiche di prodotto e applicazioni dell’LCA si rimanda comunque alla consultazione del recente dossier ENEA sull’LCA in Italia.

Possibili svantaggi nell’utilizzo dell’LCA
Nonostante le applicazioni dell’LCA siano innumerevoli, (dal marketing ambientale, fino all’attuazione di strategie aziendali per lo sviluppo e il miglioramento di prodotti e processi), un analisi approfondita effettuata attraverso questa metodologia può, a volte, risultare dispendiosa e complessa.
Dispendiosa perché il costo relativo allo svolgimento di un LCA e all’ottenimento di un marchio di certificazione di prodotto può essere molto alto e spesso i benefici che ne possono derivare sono visibili solo nel lungo periodo (per questo tante aziende spesso percepiscono i temi ambientali come degli oneri aggiuntivi imposti).
Complessa perché, per eseguire uno studio dettagliato sull’intero ciclo di vita di un prodotto-servizio, è necessario acquisire una notevole quantità di dati ambientali durante ogni singola “fase esistenziale”, e si devono conoscere in modo approfondito tutti gli strumenti di supporto quali software e banche dati.
Per questo si stanno sempre più sviluppando strumenti di LCA semplificata che consentano una verifica immediata del ciclo di vita dei prodotti anche a coloro che non possiedono tutte le competenze e le risorse necessarie per realizzare uno studio dettagliato.
Inoltre, un altro aspetto di fondamentale importanza per la buona riuscita di uno studio di LCA, è la disponibilità di dati attendibili. A tal proposito si sta cercando di favorire, in campo internazionale ed europeo, l’accessibilità, la disponibilità e lo scambio gratuito e libero di dati LCA attraverso lo sviluppo di Banche Dati pubbliche, protette, compatibili, trasparenti ed accreditate.