(Rinnovabili.it) – La proposta di legge della Commissione Europea sull’importazione degli OGM nel vecchio continente è un cavallo di Troia e verrà bocciata. In sintesi è tutto qui quanto emerso dal dibattito interno alla Commissione Ambiente dell’Europarlamento, che ha visto esponenti di tutti i gruppi politici contrari ai piani di Bruxelles. I punti critici che gli eurodeputati hanno tenuto a sottolineare sono diversi: la bozza non prevede una valutazione di impatto, ma soprattutto i divieti locali opposti dagli Stati membri potrebbero confliggere con le regole della WTO (World Trade Organisation – Organizzazione Mondiale del Commercio), che prevedono la libera circolazione delle merci, e dunque rivelarsi impraticabili.
I bachi nella legge sugli OGM dell’esecutivo europeo
Nella sua proposta, la Commissione suggerisce di replicare, per quanto riguarda alimenti e mangimi geneticamente modificati, la recente modifica della Direttiva 2001/18/CE per in materia di OGM destinati alla coltivazione (Direttiva 2015/412, entrata in vigore all’inizio di aprile 2015). Questo significherebbe consentire agli Stati membri di limitare o vietare l’uso di alimenti e mangimi geneticamente modificati sul loro territorio dopo che tali prodotti siano stati autorizzati. Tuttavia, questo è vero solo in teoria. Lo strumento di opt-out (deroga) offerto dalla Commissione Europea agli Stati membri è poco praticabile per diversi motivi:
– il divieto riguarda infatti, come da proposta di legge, l’esclusivo «uso» degli OGM, non l’importazione, che potrebbe comunque essere forzata;
– le scelte dietro all’opt-out nazionale devono essere dettate da «motivi legittimi», diversi dai «rischi per la salute umana o animale o per l’ambiente» già valutati dall’EFSA (Agenzia europea per la sicurezza alimentare) per l’approvazione;
– non è nemmeno possibile opporre ragioni economico-commerciali, perché i divieti dovranno essere compatibili «con la legislazione europea, compresi i principi che disciplinano il mercato interno, e con gli obblighi internazionali dell’UE, di cui sono parte integrante gli obblighi assunti dall’Unione nell’ambito dell’Organizzazione Mondiale del Commercio».
Se dalla libera scelta vanno sottratte motivazioni ambientali, sanitarie o commerciali, non si capisce quale sia lo spazio di manovra di uno Stato membro.
Le reazioni della politica
«Vi è una netta maggioranza del Parlamento Europeo contraria alla proposta – ha annunciato infatti il presidente della commissione Ambiente, l’italiano del PPE Giovanni La Via, il cui progetto di relazione raccomanda respingere la bozza di legge – Non vi è alcuna valutazione d’impatto intorno a questo progetto, e crediamo che questa non sia la migliore proposta possibile».
Le dichiarazioni dei portavoce degli altri gruppi parlamentari sono altrettanto severe: tutti pensano che si tratti di un progetto di legge zeppo di termini «legalmente indefiniti» e che troppe cose vengano «lasciate al caso». Lynn Bolan, della sinistra verde (GUE/NGL), si spinge oltre, accusando la Commissione di aver tentato un approccio teso a «garantire una autorizzazione rapida e semplice», piuttosto che la libertà di scelta. «Abbiamo bisogno di ricominciare, per avere un nuovo testo capace di garantire che gli OGM non possano essere autorizzati quando una maggioranza di Stati membri è contraria».
Una partita tutta da giocare
Il punto, in questi anni, è stato proprio questo. Pur esistendo un vasto fronte del no nell’Europarlamento, le regole comunitarie imponevano una maggioranza qualificata nel Consiglio Europeo per vietare l’importazione dei prodotti OGM. In caso contrario, la palla sarebbe tornata alla Commissione, che ne avrebbe automaticamente approvato l’ingresso nel mercato continentale facendo riferimento alla valutazione originaria dell’EFSA. Un passaggio più volte accusato di grave deficit democratico, che si risolveva in un sostanziale svuotamento del ruolo politico dell’Unione.
Ma Bruxelles non è disposta a rivedere il sistema legislativo. Il rappresentante della Commissione Europea, Ladislav Mik, ha risposto a muso duro: «Il nostro commissario [Vytenis Andriukaitis] ha già dato una risposta molto chiara: non abbiamo alcun piano B. Se la proposta sarà respinta, ci fermeremo al contesto attuale».
Le prossime tappe del processo sono scadenzate per l’autunno: la Commissione Ambiente voterà sulla proposta il 12-13 ottobre. Il testo arriverà poi in plenaria a Strasburgo nella sessione del 26-29 ottobre.