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Latouche: la decrescita cresce e fa paura ai governi

Latouche: la decrescita cresce e fa paura ai governi

 

(Rinnovabili.it) – Il movimento della decrescita è, quasi paradossalmente, in crescita. Lo dice con un sorriso Serge Latouche, economista e filosofo francese che ha sdoganato il termine negli ultimi 10 anni, rifacendosi al pensiero di autori illustri come Ruskin, Thoreau e Tolstoj. Intervistato da Rinnovabili.it al festival della sostenibilità “Borgofuturo”, tenutosi questo fine settimana nel piccolo paese di Ripe San Ginesio (MC), Latouche ha fornito la sua visione riguardo a tutti i grandi temi contemporanei: dalla crisi economica a quella ambientale, dai futuri negoziati sul clima di Parigi alle trattative in corso sul TTIP, l’accordo di libero scambio fra Unione Europea e Stati Uniti. Il professore si è soffermato anche sul ruolo dell’agricoltura e il significato dell’EXPO 2015, così come sul rapporto fra tecnologia ed evoluzione di una società sostenibile. Perché quest’ultima non resti un’utopia, secondo Latouche è necessario che la tecnologia resti «uno strumento svincolato dalle logiche di mercato. Finché a finanziare la tecnologia saranno le grandi imprese multinazionali essa non potrà che rispondere ad esigenze diverse da quelle del progresso sostenibile di una società. L’evoluzione tecnologica può aiutare ad affrontare dei problemi, ma i grandi problemi di oggi sono di natura sociale, che nessuna tecnologia può risolvere».

 

Quale risposta può dare il movimento della decrescita? A quale punto della sua maturazione è giunto oggi?

Il movimento cresce, ma più cresce più viene osteggiato dalle classi dirigenti, che ne hanno paura. Una popolazione più cosciente mette in difficoltà chi ha responsabilità politiche, che di riflesso tenta di distruggere il discorso sulla decrescita. Per fortuna sembra che abbiamo ricevuto un aiuto inaspettato dal Papa. Nella sua enciclica “Laudato Sì” ha incoraggiato a un cambio di paradigma, esattamente ciò che propone il movimento della decrescita.

 

A proposito dell’enciclica: a dicembre avrà luogo la COP 21 sul clima. Che sorte avrà la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici? Sarà un successo o una nuova Copenaghen?

Purtroppo credo che dobbiamo aspettarci un altro fallimento. Dobbiamo sperare in un miracolo, ma i miracoli oggi sono abbastanza rari.

 

In tema di accordi internazionali, qual è la sua opinione in merito al TTIP?

Questo accordo è una cosa catastrofica. La cosa strana è che tutti lo sanno e i responsabili dei nostri Paesi hanno paura, ma seppur consci della catastrofe sembra che lo ritengano un fatto di destino. Sappiamo bene che il TTIP sarebbe la libera volpe nel libero pollaio, ma si vede che le lobby sono molto più potenti che i nostri governi, e allora si va avanti nella direzione sbagliata fino al momenti in cui non andremo a fracassarci contro un muro.

 

Cosa può fare oggi un governo nazionale in queste all’interno di questi progetti di mutamento internazionali?

Avere il coraggio di dire basta. Come ha fatto la Grecia.

 

Latouche la decrescita è in crescita i governi adesso hanno paura 1

 

Che cosa pensa invece dell’EXPO?

È il tradimento dell’idea originaria di nutrire il pianeta. I suoi sponsor sono multinazionali e lobby dell’agribusiness che distruggono la qualità del cibo promuovendo l’agricoltura industriale. Questo sistema richiede un consumo energetico insostenibile, oltre all’utilizzo di concimi chimici e pesticidi tossici. A lungo termine invece di aumentare la produttività del suolo, lo impoverisce distruggendone la vita. Così, aumentiamo in consumo di suolo attraverso la deforestazione, per ricavare nuovi terreni agricoli da sfruttare intensivamente. Questo è un modello produttivista ma non produttivo.

 

Ma sarebbe possibile nutrire il pianeta con l’agricoltura biologica?

Non sono sicuro che da sola, questa pratica sia in grado di dar da mangiare a tutto il mondo. Ma per un semplice motivo. Per affermarsi appieno, la diffusione dell’agricoltura biologica deve andare di pari passo con il crollo della grande distribuzione. Già oggi produciamo più del cibo necessario a sfamare tutte le persone sul pianeta, ma non lo distribuiamo in maniera equa. Va rilocalizzata la produzione e vanno alzate barriere protezionistiche a sua tutela.

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