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Laos: il caro prezzo delle banane

11mila ettari per un valore di 100milioni di dollari. Questi i numeri dei bananeti cinesi in Laos. Ma tra prodotti chimici, inquinamento delle acque e condizioni di lavoro al limite dello schiavismo, una ricerca di Plan International e China Dialogue si chiede se ne valga veramente la pena.

Laos
Credits: Chris Hilbert da Pixabay

A Bokeo, Laos, la terra riacquista valore con le piantagioni di banane cinesi. A danno dei lavoratori.

 

(Rinnovabili.it) – Da circa sei anni, la provincia di Bokeo pullula di piantagioni di banane. Siamo in Laos, quasi al confine con il Myanmar e la Thailandia, e 11 mila ettari di bananeti producono il 95% delle esportazioni della provincia, per un valore totale di 100 milioni di dollari.

 

Per i laotiani, fino a qualche anno fa, la terra non aveva valore ed è quindi stata ceduta al migliore offerente: la Cina. Da allora, le piantagioni di banane cinesi hanno iniziato a spuntare un po’ ovunque nel territorio di Bokeo. Grazie alla ricerca condotta da Plan International, si scopre che cinque anni fa gli imprenditori cinesi potevano affittare il terreno per 500 dollari all’ettaro per un anno. L’anno scorso, l’affitto ha raggiunto i 1000 dollari e ci si aspetta che i prezzi continuino ad aumentare.

 

La coltivazione di banane è considerata più redditizia di altre, specie rispetto a quella di riso. La carenza di pioggia e acqua, infatti, aumenta i rischi collegati alla produzione del cereale e non assicura un reddito garantito. Così, nel Laos settentrionale, molte risaie sono diventate bananeti e gli stipendi medi della popolazione sono aumentati. Ma a che prezzo?

 

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La maggior parte dei lavoratori delle piantagioni di banane accetta spesso delle condizioni di lavoro pericolose, specie a causa dei prodotti chimici impiegati nella coltivazione. I fiumi e le acque sono contaminate, al punto che il governo nel 2016 ha commissionato una ricerca con lo scopo di mettere un limite ai bananeti. Nel gennaio 2017, ha vietato nuove piantagioni e le estensioni di contratto per le piantagioni esistenti, ma il divieto è stato revocato nel 2018 a fronte di certificazioni che attestavano l’impiego di tecniche di gestione più attente all’ambiente. Tuttavia, il governo del Laos pare non abbia i mezzi sufficienti per monitorare davvero l’attuale situazione.

 

Difatti, un’inchiesta svolta da China Dialogue riporta la presenza di rifiuti di plastica bruciati nelle piantagioni e di bottiglie vuote di prodotti chimici abbandonate nelle aree di lavaggio e imballaggio delle banane. La maggior parte di esse riportava la dicitura CPS, clorpirifos, un pesticida organofosfato.

 

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I lavoratori, inoltre, vengono assunti per un periodo che va dai 7 ai 10 mesi, durante il quale vivono nelle piantagioni e non possono tornare a casa. Spesso assunti in coppia, marito e moglie, i lavoratori portano con sé i figli e vengono retribuiti con 2300 dollari in totale. Tuttavia, se le tempeste distruggono il raccolto, spesso i lavoratori non vengono pagati. Molti dei campi non sono dotati di servizi igienici e, come se non bastasse, sembra che in molti abbiano subito gli effetti da avvelenamento di sostanze chimiche, manifestando insensibilità di lingua e mani.

 

Plan International afferma che le piantagioni di banane cinesi forniscono entrate per 28 milioni di dollari all’anno alle famiglie rurali del Laos e si chiede: ne vale la pena?