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Ci sono 5 lacune nei piani globali sul cambiamento climatico

Gli impegni nazionali sul cambiamento climatico hanno alcuni vizi di fondo, che se non verranno risolti rischiano di portare il pianeta a riscaldarsi troppo

cambiamento climatico

 

Come migliorare gli impegni sul cambiamento climatico

 

(Rinnovabili.it) – Se vogliamo davvero renderli strumenti efficaci per ridurre le emissioni globali, ci sono cinque grandi buchi da colmare negli impegni nazionali sul cambiamento climatico. I cosiddetti INDCs, i piani nazionali che contengono le proposte sul clima presentati prima della COP 21 di Parigi all’ONU, vanno dunque rivisti. Almeno secondo quanto affermano tre ricercatori in un paper recentemente pubblicato su Climatic Change.

Il gruppo ha preso in esame i 165 contributi volontari depositati ormai più di due anni fa a New York, un primo passo verso il patto climatico raggiunto poi nella capitale francese. L’ONU ha già dato un giudizio sommario di questi documenti: anche se verranno seguiti alla lettera, e le emissioni verranno ridotte con i finanziamenti e il ritmo attesi da ciascun governo, non saranno in grado di evitare un riscaldamento globale vicino ai 3 °C alla fine del secolo.

Dunque, non sono impegni ambiziosi. Ma il problema non è soltanto qui: secondo il paper pubblicato su Climatic Change questi programmi hanno cinque vizi di fondo che vanno esplicitati e risolti al più presto.

 

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1. Non si vive di solo sole – Tanti paesi puntano sulle energie rinnovabili come il fotovoltaico per organizzare la transizione energetica. Di certo è un passo avanti, ma dall’altra parte emerge uno scarso interesse a modificare altri settori chiave, come i trasporti e l’agricoltura. Si tratta di comparti afflitti da elevate emissioni ed elevato potenziale di riduzione. Perché tutti se li dimenticano?

 

cambiamento climatico2. Adattamento trascurato – Se negli NDCs dei paesi in via di sviluppo viene data più spesso priorità alle politiche di adattamento al cambiamento climatico, nelle nazioni più ricche si preferisce puntare sulla mitigazione, quasi convinti che gli impatti degli eventi estremi saranno gestibili. Non è così: un buon piano sul clima deve tener conto di fondi e misure per l’adattamento, qualunque sia il paese che lo adotta.

 

3. Dove sono i soldi? – La maggior parte dei paesi in via di sviluppo segnala che il proprio contributo alla riduzione delle emissioni è subordinato al sostegno finanziario internazionale. Sono 77 i paesi che chiedono il denaro dei ricchi anche per l’adattamento. Eppure i paesi sviluppati, che si sono impegnati a fornire il sostegno economico, menzionano a malapena i finanziamenti climatici nei loro piani. A questi paesi va richiesto con urgenza di dettagliare entità dei finanziamenti messi a disposizione e modalità di erogazione.

 

4. Ognun per sé – Solo 11 paesi hanno scelto una valutazione e revisione dei loro piani da parte della comunità internazionale, mentre la grande maggioranza farà da sé. Ma l’ambizione e la fiducia possono aumentare solo attraverso lo scambio di idee e approcci. I paesi interessati a un’efficace attuazione dei loro piani di azione per il clima dovrebbero indicare la loro volontà di impegnarsi nella valutazione e revisione internazionali e presentare NDC dettagliati che consentano un facile confronto.

 

5. Poca integrazione – La maggior parte dei paesi in via di sviluppo suggerisce di intraprendere azioni a favore del clima nel contesto dello sviluppo sostenibile, ma solo dieci paesi fanno riferimento agli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’ONU e solo due menzionano il quadro di Sendai per la riduzione del rischio di catastrofi. Per rendere efficace un piano di azione climatica, è importante aumentare l’integrazione con altri settori dell’economia, e gli obiettivi ONU sono un terreno comune da coltivare.