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La rivoluzione mancata delle Grandi Opere italiane

(Rinnovabili.it) – 21 dicembre 2001, il secondo Governo Berlusconi introduce la Legge Obiettivo per la realizzazione di cosiddette “Opere strategiche” infrastrutturali, per trasformare l’immagine del nostro Paese. Dopo dieci anni da questa data, il bilancio complessivo dei lavori è decisamente in negativo, dove tra sprechi e opere incompiute, i costi sono lievitati da 125,8 nel 2001 a 367,4 mld di euro nel 2011, di cui solo l’1% destinato ad opere ultimate, corrispondente a 4,4 mld di euro.

Così, mentre il nuovo Governo si appresta a “liberare” 12,5 mld di euro per le infrastrutture strategiche, il WWF fà un passo indietro e pubblica un interessante dossier, una “contro-storia” sulle traversie della Legge Obiettivo e sullo stato dei lavori pubblici in Italia, integrando al documento un decalogo di modifiche normative e di opere davvero necessarie per il Paese.

Da 115 progetti originari si è passati a 390 proposte, ma solo 30 opere sono state effettivamente realizzate; in compenso l’estrema semplificazione amministrativa e burocratica, ha portato a conseguenze devastanti per lo stato dei luoghi e del territorio italiano, erodendo i suoli, provocando frane ed alluvioni, frammentando habitat naturali e favorendo un’errata politica dei trasporti su “gomma”, contribuendo ad aumentare i livelli di CO2 già piuttosto elevati per questo settore.

“L’aumento dal 2001 del numero delle opere e dei costi dimostra che non è stata compiuta alcuna selezione delle priorità utili al Paese, ma s’è dato ascolto in questi anni alle clientele politiche nazionali e locali e agli interessi dei grandi gruppi edili e di progettazione”,  aggiunge Stefano Lenzi, responsabile dell’ufficio relazioni istituzionali del WWF Italia.

Una “rivoluzione” mancata, così il WWF dalle pagine del dossier, definisce la Legge Obiettivo e per il superamento di questo grave danno collettivo, propone un Decalogo di priorità per riportare trasparenza nei progetti definitivi mediante Valutazione di Impatto Ambientale, per rompere l’assetto dello strapotere dei concessionari autostradali e dei General Contractor ed un elenco approfondito di opere veramente necessarie per il riassetto del territorio, la difesa dal rischio idrogeologico, l’adeguamento delle aree metropolitane, l’ammodernamento e potenziamento delle infrastrutture esistenti e da un intervento coordinato a livello nazionale sugli scali portuali e la logistica.

Dunque il Dossier presentato ieri dall’associazione Wwf, contiene criteri di valutazione tutt’altro che utopistici, che vorrebbero riportare l’attenzione sugli effettivi bisogni del nostro Paese, corrispondenti molto spesso, ad opere puntuali di carattere territoriale, ma che se non assimilabili in un’unica grande rete di pianificazione, rischiano di produrre l’effetto contrario. Completare le infrastrutture esistenti, potenziando il trasporto su ferro e liberando finalmente le città, dalla congestione delle automobili, per lasciare spazio a meccanismi di pianificazione più lungimiranti e che sappiano investire sulla sostenibilità anche delle aree metropolitane.

“La legge Obiettivo ha dato il via il 21 dicembre 2001 ad un Programma di cosiddette infrastrutture strategiche che in questi 10 anni è diventato sempre di più un calderone indistinto e incontrollabile di interessi e di clientele, invece di individuare gli assi/corridoio su cui puntare per rispondere alla domanda di mobilità del Paese. Chiediamo al Governo Monti di prenderne atto,  di  rivedere radicalmente le norme derivanti dalla legge Obiettivo, abbandonare quel Programma e di varare un Piano nazionale della Mobilità che individui gli interventi realmente necessari”, dichiara il presidente del WWF Italia, Stefano Leoni.

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