(Rinnovabili.it) – Quando si parla di riduzione delle emissioni non c’è più tempo per fermarsi a riflettere sulla migliore strategia condivisa da intraprendere. Le cose devono cambiare ora e velocemente. A questo risultato sono giunti i ricercatori dell’European Geosciences Union (EGU) che dalle pagine della rivista Atmospheric Chemistry and Physics lanciano un allarme drammatico: nel 2050 la maggior parte della popolazione mondiale dovrà fare i conti con una qualità dell’aria pessima. Gli scienziati provenienti da Cipro, Danimarca, Germania, Italia e Arabia Saudita, prevedono che in condizioni di business-as-usual tra meno di 40 anni un cittadino medio della Terra sperimenterà lo stesso inquinamento atmosferico con cui oggi si trovano a fare i conti gli abitanti delle città più popolose dell’est asiatico.
L’EGU ha valutato l’impatto delle emissioni antropiche – PM2.5, biossido di azoto, biossido di zolfo, ozono e carbonio monossido – sulla qualità dell’aria in assenza di misure di contrasto nelle future strategie ambientali per gli anni 2005, 2010, 2025 e il 2050. “Al momento – spiega Greet Janssens-Maenhout, co-autore dello studio – i progressi dei negoziati post-Kyoto sul clima sono lenti, e non è chiaro come le politiche sulla qualità dell’aria si svilupperanno a livello globale. Nelle regioni in crescita economica, le misure di riduzione delle emissioni potrebbero addirittura essere inefficienti a causa del rapido sviluppo delle attività in alcuni settori clou; nei paesi alle prese con la crisi economica, invece, l’attuazione delle costose misure ambientali potrebbe risultare difficile nei prossimi anni”.
L’indagine mostra che in mancanza di interventi drastici, tra il 2025 e il 2050 l’Asia orientale sarà esposta a elevati livelli di sostanze inquinanti, come biossido di azoto e anidride solforosa, mentre l’India e la regione del Golfo Arabico subiranno un marcato aumento dei livelli di ozono. Lo studio evidenzia inoltre che l’inquinamento atmosferico finirebbe per aumentare significativamente anche in Europa e Nord America, anche se in misura molto minore per l’effetto delle politiche di mitigazione attuate in passato.