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La Francia propone un divieto sulle esportazioni di abiti usati

esportazioni di abiti usati

Foto di Francois Le Nguyen su Unsplash

esportazioni di abiti usati
Foto di Francois Le Nguyen su Unsplash

Con le esportazioni di abiti usati si riempiono discariche nel Sud globale invece che rifornire l’economia circolare

(Rinnovabili.it) – La Francia sta spingendo a livello europeo per un divieto sulle esportazioni di abiti usati. Lo ha dichiarato il Ministero dell’Ambiente all’agenzia di stampa Reuters. Il problema dei rifiuti tessili è oggettivamente grave, del resto, con l’UE tra i principali esportatori verso paesi a basso reddito.

Negli ultimi vent’anni si è registrato un enorme aumento delle esportazioni di abiti usati dall’UE. Tra il 2000 e il 2019, la quantità è quasi triplicata, passando da 550.000 tonnellate a quasi 1,7 milioni di tonnellate. I dati, raccolti dall’Agenzia europea dell’ambiente (EEA) hanno visto un calo nel 2022 (1,4 milioni di tonnellate). Ma l’aumento è comunque significativo. Lontano dagli occhi, lontano dal cuore è la filosofia. Ma i rifiuti tessili possono causare inquinamento nei paesi africani dove gli articoli non possono essere rivenduti e finiscono nelle discariche.

In totale, l’Europa produce ogni anno 5,2 milioni di tonnellate di rifiuti di abbigliamento e calzature, secondo la Commissione Europea. Insieme a Svezia e Danimarca, che sostengono la proposta, la Francia mira a discuterne durante un incontro del Consiglio dei Ministri dell’Ambiente a Bruxelles il 25 marzo. Il Ministero, riferisce la Reuters, vuole dare una spallata ulteriore al fenomeno della “fast fashion”, che incentiverebbe un approccio disinvolto all’usa e getta dei consumatori.

Se la proposta verrà portata avanti, i risvolti non saranno affatto semplici da gestire per l’UE. Il tessile, infatti, si ricicla ancora troppo poco e sarà così ancora per molto tempo. Se viene a mancare la possibilità di scaricare i rifiuti nei paesi più poveri, occorrerà accelerare drasticamente la messa in opera di sistemi di gestione. L’economia circolare del settore è quasi inesistente, con i primi consorzi nati solo negli ultimi mesi. Ma nel proporre terapie d’urto i francesi sono maestri. Chissà che anche questa volta non ci abbiano visto giusto.

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