Per parlare di "green chemistry" abbiamo visitato la sede di Rivalta Scrivia della Mossi&Ghisolfi, una delle eccellenze nostrane e leader mondiale nella produzione del PET
Abbiamo visitato la sede di Rivalta Scrivia della Mossi&Ghisolfi per parlare di chimica verde. Un nome che per la maggioranza degli italiani non vuol dire nulla ma che rappresenta una delle eccellenze nostrane, leader mondiale nella produzione del PET. Questo anonimato, frutto probabilmente anche dal carattere del Cav. Vittorio Ghisolfi, due occhi chiarissimi e una storia personale degna di un’epopea americana, è il sintomo della perdita di riferimenti del sistema Italia, che si misura soprattutto nell’incapacità di valorizzare le storie edificanti e di ergerle a modello per le generazioni future.
La Mossi&Ghisolfi ha legato le proprie fortune all’invenzione del PET e alla sua diffusione. Non che il PET non ci fosse prima del gruppo, ma non era utilizzabile per gli alimenti, rilasciando un sapore a contatto dell’acqua non gradevole. Dalla modifica del PET ad oggi, in oltre mezzo secolo di attività industriale, i destini economici e personali di Vittorio Ghisolfi e della sua azienda (Mossi, il suocero, morì precocemente all’inizio dell’avventura economica, ma Vittorio Ghisolfi non si è mai scordato di lui) si sono intrecciati con quelli della chimica italiana e mondiale: Eni, Montecatini, Enimont, Montedison, fautori dell’accelerata industrializzazione del nostro Paese ed anche di molti dei disastri ambientali. Forse è stato anche così, ma a guardare le cose da Rivalta Scrivia non c’è tempo per pensare al passato, a quello che sarebbe dovuto essere e che non fu. Adesso il mondo ha bisogno di sostenibilità, perché solo attraverso questo principio si riesce a creare ancora reddito e benessere. Mentre in molti si impegnano in soluzioni ardite, la Mossi&Ghisolfi, con la discrezione che la contraddistingue, sembra aver trovato la pietra filosofale del XXI secolo, ovvero il segreto per coniugare sviluppo e sostenibilità. E’ la chimica verde e, ancora più nello specifico, bioetanolo di seconda generazione e PET verde. Due progetti di diversa profondità, temporale ed economica.
Del biocarburante di seconda generazione si è parlato di recente in occasione dell’inaugurazione di un impianto in Brasile (presente anche il ministro Clini) in grado, a regime, di produrre circa 10 milioni di galloni l’anno di etanolo dagli scarti di lavorazione della canna da zucchero, ovvero da prodotti agricoli che attualmente sono un costo in quanto da smaltire.
La ricerca e il lavoro (“il lavoro si inventa non si cerca”) sono la vera ricchezza del gruppo. Così arriviamo al centro di Rivalta Scrivia, dove sono impiegati circa 100 ingegneri e chimici (molte le donne). Si tratta delle migliori menti in circolazione nel mondo, affiancate da analogo centro nell’Ohio (USA), dove si lavora sul progetto di sostituire il petrolio nella produzione di prodotti chimici. La base di partenza di tutto è la lignina. La lignina è lo scarto della produzione della carta, di solito si brucia per recuperare energia ma è ricco di sostanze (composti aromatici) che permettono la realizzazione della maggior parte dei prodotti plastici (attualmente realizzati dalla nafta). La ricerca, per quanto riguarda il PET verde, è per ora solo in fase sperimentale; da aggiustare qualità e tempi di realizzazione, ma la strada, anche in questo è segnata.
Come è nata l’idea di fare a meno del petrolio: “Dal petrolio dipende la vita di tutti – dice Vittorio Ghisolfi -, non solo come ci muoviamo o ci scaldiamo, ma anche il modo di vestire, il tempo libero, viaggiare. Quando i grandi petrolieri, ed in particolare gli arabi, hanno manifestato l’intenzione di raffinare e non solo esportare petrolio, la nostra azienda si è posta il problema di reperire le risorse primarie senza dover dipendere da un solo soggetto. Così è partita la ricerca che in questa fase è giunta ad una certezza: tutto ciò che fino ad oggi può essere fatto con il petrolio, da domani può essere fatto con la cellulosa. Del resto – e lo dice ridendo – anche il petrolio è di origine vegetale…”.
La crisi, come disse Obama all’inizio del suo mandato, si supera soltanto avendo il coraggio di cambiare. Alla Mossi&Ghisolfi hanno accettato la sfida e ci stanno provando. A questo punto tocca al nostro Paese raccogliere l’invito e far proprio questo seducente progetto, che ha il sapore piacevole e dimenticato di una storia tutta italiana. Siamo proprio sicuri, Cavaliere, che non interessa a nessuno questa avventura?