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L’acqua delle falde sotterranee per dissetare l’Africa

Una ricerca tutta britannica sta testando il modo più economico e meno invasivo per sfruttare le falde acquifere di cui il continente sarebbe particolarmente ricco

(Rinnovabili.it) – Le enormi riserve sotterranee di acqua potrebbero essere un “tampone” per alcune delle zone più aride dell’Africa per contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici. Ad affermarlo è un gruppo di ricercatori britannici che sta cercando di mappare tutte le falde acquifere presenti nel continente per testarne la reale utilizzabilità. Stando a quanto sostenuto dagli scienziati, Sudan, Libia, Algeria ed Egitto (tutti nella parte settentrionale del continente africano) sarebbero i Paesi più ricchi di falde acquifere e, in generale, le riserve sotterranee di acqua di tutto il continente sarebbero 100 volte superiori a quelle superficiali, una quantità che, se si riuscisse a sfruttare, potrebbe risolvere gran parte dei problemi idrici che vessano il popolo africano. Ovviamente non tutte queste riserve sono accessibili, ma laddove lo sono gli scienziati pensano che questo potenziale idrico possa essere sfruttato al meglio con dei piccoli sistemi di pompaggio manuali, piuttosto che attraverso grandi perforazioni che potrebbero avere effetti collaterali imprevisti.

Le implicazioni aperte da questa prospettiva di ricerca potrebbero garantire l’accesso all’acqua potabile ai 300 milioni di persone ancora sprovviste e ridurre le perdite dei raccolti dovute alla siccità (solo il 5% delle terre coltivabili sono irrigate). Ma la strada non sarà facile. I limiti sono rappresentati sia dall’inaccessibilità di certe zone che dagli alti costi dovuti all’utilizzo di attrezzature sofisticate. Secondo gli studiosi, infatti, i giacimenti d’acqua più grandi si troverebbero nelle zone più aride dell’Africa e in tutto il Sahara, ma a circa 100-250 metri sotto il livello del suolo, una profondità alla quale non è possibile accedere con sistemi di pompaggio manuali. L’abbattimento dei costi e la risoluzione dei problemi logistici saranno le direttrici che i ricercatori londinesi inizieranno a seguire.