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L’Italia riduce lo smog, ma da settore residenziale +46% di PM2.5

Sta aumentando il contributo del settore civile alle polveri sottili. Zanini: "Da solo il particolato fine causa circa 30mila decessi ogni anno"

L’Italia riduce lo smog, ma da settore residenziale +46% di PM2.5

 

(Rinnovabili.it) – In ventisette anni l’Italia ha lottato in maniera continua contro lo smog. Malgrado non si possa dire di aver raggiunto una situazione anche lontanamente soddisfacente, dal 1990 ad oggi le emissioni dei cinque principali inquinanti sono complessivamente diminuite: biossido di zolfo (-93%), monossido di carbonio (-69%), ossidi di azoto (-61%), composti organici volatili non metanici (-57%) e polveri sottili PM2.5 (-31%).

 

I valori sono quelli riportati nel rapporto sugli effetti dell’inquinamento dell’aria presentato oggi all’ENEA, che ha curato il coordinamento e la pubblicazione dei contenuti scientifici elaborati dai maggior esperti nazionali in materia.

“Oltre al miglioramento dell’efficienza energetica e alla diffusione delle rinnovabili, questi risultati sono stati ottenuti grazie alla combinazione di molteplici fattori: una più ampia diffusione di nuove tecnologie, limiti di emissione più stringenti nei settori energia e industria, carburanti e autovetture più ‘puliti’ e l’introduzione del gas naturale nella produzione elettrica e negli impianti di riscaldamento domestici”, spiega Gabriele Zanini, responsabile della divisione ‘Modelli e tecnologie per la riduzione degli impatti antropici e dei rischi naturali’ dell’ENEA.

 

Ma se si guarda al contributo dei singoli settori si scopre come quello residenziale abbia registrato un netto incremento: più 46% nelle emissioni di PM2.5 rispetto ai valori del 1990, principalmente per l’aumento dell’uso di biomassa in impianti di riscaldamento a bassa efficienza.

“In Italia resta ancora alto l’impatto negativo dell’inquinamento atmosferico sulla salute e gli ecosistemi – aggiunge Zanini – nonostante le riduzioni delle concentrazioni osservate negli ultimi due decenni. Oltre ad essere a rischio biodiversità e produttività agricola, sono in aumento tra la popolazione malattie respiratorie e cardiovascolari. Da solo il particolato fine causa circa 30mila decessi ogni anno, come risulta da un recente studio a cui abbiamo partecipato. In termini di mesi di vita persi, l’inquinamento accorcia la vita di ciascun italiano di 10 mesi in media: 14 per chi vive al nord, 6,6 al centro e 5,7 al sud e nelle isole”.