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L’Italia incapace di prevenzione nella morsa della siccità

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Tra perdite della rete e mancanza di piogge la siccità strozza il paese

 

(Rinnovabili.it) – Il 2017 sarà ricordato come l’anno in cui l’Italia si è resa conto sulla sua pelle dell’esistenza del cambiamento climatico. Su tutti i giornali, da giorni, proliferano allarmi siccità da nord a sud della penisola, e le cause climatiche vengono citate con sempre maggior frequenza. Purtroppo, le misure per rispondere a questa emergenza sono strutturalmente inadeguate, e porteranno ad un razionamento dell’acqua che non ha precedenti nel nostro paese. Sullo sfondo, intanto, si riaccende lo scontro tra i gestori dell’acqua, favoriti dallo scorso governo Renzi, e i movimenti per la ripubblicizzazione del servizio, che imputano alle grandi multiutility a maggioranza pubblica – ma a gestione sostanzialmente privata – i mancati investimenti nella rete idrica per ridurre le perdite.

Coldiretti lancia un allarme per il settore agricolo, che potrebbe subire 2 miliardi di euro di danni, mentre 10 Regioni annunciano la richiesta di stato di calamità. La crisi idrica accomuna il nord, ricco di coltivazioni di riso, al sud e alle isole. Le richieste vanno dalla sospensione dei mutui al blocco del versamento dei contributi assistenziali e previdenziali, fino all’accesso al fondo per il ristoro dei danni. Il Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali guidato da Maurizio Martina si è detto pronto a investire 700 milioni di euro sul potenziamento delle infrastrutture per l’irrigazione, anticipare una quota ulteriore dei fondi PAC (politica agricola comunitaria) e attivare il fondo di solidarietà nazionale. Il Ministero delle Infrastrutture di Graziano Delrio sembra disposto a sbloccare quasi 300 milioni per interventi su 101 dighe per uso irriguo e potabile, gran parte delle quali al sud.

Il tentativo è salvaguardare 4,5 miliardi di metri cubi, quasi un terzo delle risorse nazionali. Ma il deficit italiano ammonta a 20 miliardi di mc, con un’estate che può sparare ancora cartucce letali per le riserve di oro blu.

 

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Il Ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, stigmatizza la gestione delle Regioni, cui dichiara di aver elargito 250 milioni di euro lo scorso inverno, e si augura strategie di lungo periodo per prevenire gli effetti delle siccità, ad esempio con la creazione di invasi che sappiano captare più dell’attuale 10% dei 300 miliardi di metri cubi di piogge che ogni anno cadono sull’Italia. Galletti sollecita poi il Lazio, destinatario di 21 milioni, ad «avviare quanto prima il potenziamento della rete di captazione». Proprio nel cuore dell’italia centrale e a Roma in particolare, gli effetti della siccità accendono la polemica politica. La capitale ha goduto di appena 26 giorni di siccitàpioggia nei primi sei mesi di quest’anno, rispetto agli 88 della prima metà del 2016. Le precipitazioni, in totale, sono quattro volte più scarse. Così, la Regione ha decretato uno stop dei prelievi dal Lago di Bracciano per rifornire il Comune di Roma a partire dal 28 luglio, con termine il 31 dicembre. Acea, la società mista i cui principali azionisti sono proprio il Comune, GDF-Suez e il gruppo Caltagirone, ha risposto con un piano di razionamento dell’acqua che colpirà interi quadranti della capitale anche per turni di 8 ore consecutive.

Paolo Carsetti, tra i portavoce del Coordinamento Romano Acqua Pubblica (CRAP) ha affidato al Manifesto le sue critiche: «Roma è approvvigionata dall’acquedotto del Peschiera con 9 metri cubi al secondo, dall’Acqua Marcia per 4,5 metri al secondo e da Le Capore, che alla fine confluisce nel Peschiera, per altrettanta portata. Bracciano doveva servire solo per le emergenze invece è diventato una fonte di approvvigionamento strutturale». Più che raddoppiare la captazione, come suggerito dal Ministro Galletti, gli attivisti chiedono che Acea investa sulla riduzione delle perdite della rete, composta da tubature che per il 60% hanno più di 30 anni e per il 25% oltre mezzo secolo. Nella rete romana si perde circa il 45% dell’acqua prelevata, una criticità che però, secondo il CRAP, non è stata affrontata. Più del 90% degli utili annuali (70 milioni di euro) della Acea Ato2, società controllata da Acea Spa che gestisce il servizio idrico della capitale, verrebbero infatti distribuiti come dividenti agli azionisti, e non reinvestiti nelle infrastrutture. Un chiaro fallimento della gestione privata.

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