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Italia determinata a non tagliare le emissioni in agricoltura

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(Rinnovabili.it) – Ieri la Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo ha dato una ulteriore spallata all’Accordo di Parigi. Approvando la relazione dell’italiano Nicola Caputo (S&D), ha indebolito la proposta della Commissione Europea e aumentato le scappatoie che gli stati membri potranno utilizzare per evadere gli impegni di riduzione delle emissioni previste dall’Effort Sharing Regulation (ESR). Si tratta del regolamento europeo che distribuisce gli obiettivi di taglio della CO2 a livello nazionale per il periodo 2021-2030, e comprende tutti i settori non inclusi nel mercato del carbonio (ETS): agricoltura, gestione dei rifiuti, trasporti, edilizia.

Il settore agricolo vale circa il 17% delle emissioni non-ETS ed è il terzo emettitore di carbonio fra quelli presi in considerazione dalla bozza del nuovo regolamento europeo. Ma la tradizionale ritrosia del settore sta portando gli stati membri a fare pressioni su Bruxelles per fiaccare la proposta originaria, che arriverà al voto definitivo del Parlamento Europeo tra luglio e settembre.

 

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La scappatoia su cui l’Italia sta provando a far leva è costituita dai crediti emissivi legati alla gestione forestale. Il tentativo è far sì che vengano ancora presi in considerazione nel calcolo della riduzione, elemento che Bruxelles vorrebbe cancellare vista la poca affidabilità di questo fattore. In passato, infatti, alcuni paesi hanno manipolato i dati nazionali sulla gestione forestale nell’ambito del Protocollo di Kyoto, riuscendo a ottenere crediti di CO2 in più rispetto a quelli che sarebbero stati assegnati in condizioni “reali”.

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Nicola Caputo, europarlamentare S&D

Il parere firmato da Nicola Caputo e votato ieri dalla Commissione Agricoltura agisce esattamente su questo aspetto: sostiene che «si dovrebbe offrire agli Stati membri un’ulteriore possibilità di onorare i propri impegni, se necessario, introducendo uno strumento di flessibilità che consenta di tenere conto della quantità massima di 425 milioni di tonnellate di CO2 equivalente di tali assorbimenti».

Il testo della Commissione ne prevedeva 280 e non includeva le gestione dei terreni forestali, inseriti invece da Caputo nella sua relazione. Inoltre, se prima la Commissione Europea si arrogava il diritto di «valutare la validità della contabilità per i terreni forestali gestiti rispetto ai dati disponibili», questo controllo sulla veridicità delle dichiarazioni di uno stato membro scompare nel testo approvato ieri.

L’unica modifica migliorativa della proposta originaria è la revisione annuale degli impegni, invece che quinquennale. Così le prime ammende per eventuali non conformità agli impegni di riduzione delle emissioni, non arriveranno più nel 2027, ma già nel 2022. Ma con tetti di emissioni tanto facili da rispettare, le probabilità di una multa sono piuttosto remote.

 

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Il lavoro certosino di svuotamento delle normative è portato avanti anche in Commissione Ambiente, dove presto gli eurodeputati dovranno votare la relazione di Lins Norbert (PPE) sul regolamento LULUCF. Acronimo di Land Use, Land Use Change and Forestry (uso del suolo, cambiamenti di uso del suolo e silvicoltura), lo schema mira a contabilizzare le emissioni rilasciate  dalla deforestazione o dall’agricoltura e quelle rimosse attraverso il naturale processo di cattura della CO2 nel suolo e nella vegetazione. In sostanza, secondo questo regolamento, piantare più alberi di quelli che si tagliano dovrebbe fruttare agli stati dei crediti di carbonio che possono essere usati per compensare attività inquinanti.

Sul dossier LULUCF, strettamente legato all’Effort Sharing Regulation, si concentrano gli sforzi di diversi eurodeputati per ammorbidire le bozze della Commissione UE. Secondo uno studio commissionato dalla ONG Transport&Environment, la riduzione delle emissioni in agricoltura non è più complessa che in altri settori, come invece dichiarano i parlamentari intenzionati a mitigare gli impegni previsti dalla regolamentazione 2030.

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