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L’Islanda trasforma la CO2 in roccia

Il progetto islandese CarbFix sta riducendo di un terzo le emissioni di anidride carbonica della vicina centrale elettrica

L'Islanda trasforma la CO2 in roccia

 

Gli ‘alchimisti’ del XXI secolo trasformano l’anidride carbonica in roccia

(Rinnovabili.it) – Può l’anidride carbonica atmosferica trasformarsi in uan solida roccia? Sì ed è quanto sta operativamente sperimentando un team di ricerca in Islanda nell’ambito di CarbFix, un progetto sostenuto dall’Unione Europea dedicato allo stoccaggio a lngo termine della CO2.

CarbFix, in buona sostanza, rappresenta il «processo industriale per catturare CO2 e altri gas acidi da fonti di emissione e stoccarli permanentemente come roccia nel sottosuolo» e tale processo «può essere applicato in relazione alla cattura diretta di CO2 nell’aria», come si legge nel sito del progetto islandese.

L’impianto è situato nella centrale geotermica di Hellisheidi, una delle più grandi al mondo, in cui sono riunite l’Università d’Islanda, il Centro nazionale francese per la ricerca scientifica e la Columbia University statunitense.

 

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Come funziona la tecnologia CarbFix?

L’anidride carbonica usata nel progetto è quella fornita dal vicino impianto geotermico ad alta entalpia. Il gas viene prima catturato dal vapore della centrale e poi sciolto in acqua. «In pratica, stiamo semplicemente producendo acqua gassata dalla CO2», spiega la direttrice di CarbFix, Edda Sif Aradottir. Questa soluzione viene iniettata ad alta pressione fino a 1.000 metri di profondità, all’interno di cavità rocciose dove inizia il processo di solidificazione una volta in contatto con calcio, magnesio e ferro. «Quasi tutta la CO2 iniettata è stata mineralizzata in due anni nelle nostre prime iniezioni pilota», ha dichiarato la geologa Sandra Osk Snaebjornsdottir.

Il metodo è in grado di ridurre di un terzo le attuale emissioni dell’impianto ad un costo di circa 25 dollari a tonnellata.

L’unico svantaggio di CarbFix è che necessita di grandi volumi di acqua desalinizzata di cui l’Islanda abbonda a differenza di zone del Pianeta: «occorrono circa 25 tonnellate di acqua per ogni tonnellata di CO2 iniettata, al momento è l’unico tallone d’Achille del metodo», afferma Snaebjornsdottir.
Plausi, ad ogni modo, sono arrivati dalle istituzioni islandese: dall’Agenzia islandese per l’ambiente e dal Ministro per l’ambiente e le risorse naturali Gudmundur Ingi Gudbrandsson  che ha incoraggiato il proseguimento del progetto.

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